Come cambia l’approccio all’acquisto della casa ai tempi del Covid
Il Covid-19 ha avuto un impatto molto forte nel settore immobiliare, così come in qualsiasi altro ambito lavorativo: sta infatti contribuendo a rivedere la geografia della domanda e le necessità abitative dei potenziali acquirenti.
Durante la quarantena tante persone hanno realizzato di vivere in una casa che effettivamente non è funzionale nella suddivisione degli spazi e magari è lontana da aree verdi o dal mare: durante questi mesi, quindi, la presenza di spazi troppo esigui e privi di una terrazza o di un giardino ha sicuramente accentuato la sensazione di chiusura.
Ad essere cambiate sono quindi le priorità domestiche.
Ecco che a mutare è l’approccio del cliente al concetto stesso di casa.
Il nostro lavoro ci porta ad avere a che fare con una moltitudine di persone, cerchiamo di entrare in sintonia con ognuno di loro per riuscire a capire esattamente che cosa vogliono e che cosa cercano: dopotutto li supportiamo nell’acquisto più importante della loro vita.
Tante persone, famiglie o single e tanti budget. Che cosa li accomuna? I nuovi requisiti che la loro futura casa deve avere.
I mesi di quarantena hanno portato a vivere le quattro mura domestiche in maniera poliedrica: la casa si è trasformata anche in palestra o scuola di cucina o ristorante e a questo si è unito il nuovo modo di lavorare, lo smart- working, che ha comportato la necessità di riorganizzare gli ambienti interni.
Emerge, dunque, un quadro del tutto nuovo, una casa dalle mille sfaccettature.
Le persone, pertanto, hanno iniziato a cercare fondamentalmente immobili con spazi più ampi, soluzioni indipendenti o semi-indipendenti, nelle vicinanze di aree verdi o vicino alla spiaggia, con metrature più generose anche per la nuova necessità del lavoro da casa.Tiziana Mereu, Agente immobiliare
Nelle richieste che gestiamo compare come condicio sine qua non almeno una di queste caratteristiche.
La costante dello smart working ha fatto sorgere, poi, la necessità di avere un vano ad esso completamente dedicato dove sarà possibile sopperire alla mancanza di privacy registrata durante il lockdown.
Se prima della pandemia si viveva la casa unicamente a fine giornata come un semplice dormitorio e si dava scarsa importanza a certi aspetti, ora, i nuovi tempi che stiamo vivendo, ci portano a riscoprire l’importanza di possedere un giardino o ampi balconi e terrazze come estensione dello spazio interno.
Questo garantisce più libertà di movimento dentro e fuori casa.
Mi rendo conto, in base alle richieste che riceviamo, che le persone hanno riscoperto la necessità di coltivare un hobby o delle passioni come, ad esempio, un orto (in giardino o in balcone poco importa).
Si tratta di una vera e propria rivincita per queste pertinenze, che prima, in particolare il giardino a causa della manutenzione che richiede, venivano snobbate.
A essere cambiata è anche la domanda dei single: se prima puntavano sui bilocali, piccoli, pratici e facilmente gestibili, ora si orientano su abitazioni leggermente più grandi, che consentono loro di destinare una parte della casa al già citato smart working o da dedicare allo svago.
L’incertezza di viaggiare e le limitazioni alle valvole di sfogo hanno messo per ognuno, nessuno escluso, al centro di tutto la casa, che deve essere dotata di tutti i comfort e dove ogni dettaglio non può essere trascurato.
La casa oggi più che mai deve rispecchiare quello che siamo e deve permetterci di esprimerci senza chiusure o limitazioni di spazio.
Tiziana Mereu, Agente immobiliare
Sono laureata in giurisprudenza e attualmente esercito la professione presso l’agenzia Intesa Immobiliare di Quartu Sant’Elena, in via Cagliari n. 40b. Sin dai tempi dell’università appassionata di immobili e arredo, dopo una parentesi da consulente del lavoro abilitato, ha prevalso la passione per questo mondo.
Con l’agenzia immobiliare forniamo servizi di compravendita, locazione, consulenza mutui, sempre in costante aggiornamento e sempre mettendo al primo posto le esigenze del cliente.
Focus di diritto tributario • Avv. Francesco Sanna
Imposta di registro per l’acquisto della prima casa
In generale, l’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa è disciplinata dal D.P.R. n. 131/1986.
L’articolo 1, parte I, nota II-bis della Tabella allegata a detto decreto e ss.mm. sancisce l’applicazione dell’imposta di registro nel termine fisso del 2% nel caso in cui il trasferimento avvenga tra privati e abbia ad ‹‹oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis).››.
Quest’ultima prevede quali ulteriori presupposti per godere del beneficio de quo: ‹‹II-bis) 1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o consuntivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto; b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare. c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo …››.
Ciò detto, al fine di poter godere del beneficio in questione, nel contratto di acquisto dell’abitazione dovrà essere indicato espressamente che il soggetto acquirente possiede i requisiti di cui alla normativa suindicata.
Altresì potrà godere dell’imposta di registro ad aliquota agevolata al 2% colui che, benché titolare del diritto di proprietà su altra abitazione, acquisti un’altra casa ed entro l’anno alieni il proprio diritto di proprietà sull’immobile preposseduto. Francesco Sanna, Avvocato
La legge di Stabilità del 2016 (L. 208/2015, art. 1, comma 55) ha aggiunto all’art. 1, parte I, della Tabella allegata, la nota 4-bis, a mente della quale: ‹‹L’aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell’atto …››.
A comprova di quanto testé esposto si pone il commento del Consiglio Nazionale del Notariato – area scientifica studi tributari – del 22.01.2016 (n. 5-2016/T), il quale ha confermato la bontà e piena legittimità dell’operatività dell’aliquota al 2% per colui che acquista, pur essendo proprietario di un immobile adibito a uso civile abitazione, una nuova casa ed entro l’anno da detto trasferimento provveda a cedere il diritto di proprietà sul primo bene.
Focus di diritto penale • Avv. Claudia Piroddu
L’agente immobiliare non comunica il difetto di abitabilità dell’immobile: è truffa contrattuale
Cosa accade nel caso in cui si acquista un immobile nella convinzione che lo stesso abbia determinate caratteristiche e, successivamente, si scopre che l’abitazione non corrisponde alle informazioni fornite dal venditore o dall’agente immobiliare al momento della vendita?
Innanzi tutto, è buona regola affidarsi sempre a professionisti seri e affidabili, facendosi assistere da agenti immobiliari regolarmente iscritti nel registro delle imprese e nel registro R.E.A. (repertorio economico amministrativo).
Anche qualora ci si rivolga direttamente ad un venditore privato, è opportuno tutelarsi espletando una serie di controlli e verifiche preliminari all’acquisto.
Ad esempio, può essere utile richiedere una visura ipotecaria dell’immobile o verificare l’atto di compravendita, al fine di accertare anche l’effettiva sussistenza dei requisiti di abitabilità dello stesso.
Eppure, nonostante tutte queste precauzioni, è possibile incorrere in una truffa che, nel caso specifico della compravendita immobiliare, viene definita “truffa contrattuale”.
Il codice penale disciplina il reato di truffa nell’art. 640 c.p., che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro, “chiunque con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
In via generale, si può affermare che per “artificio” o “raggiro” si intende una falsa rappresentazione della realtà che può essere attuata attraverso una molteplicità di condotte -che vanno dalla menzogna, alla suggestione e all’omissione-, tali da indurre la persona a compiere un atto di disposizione patrimoniale che altrimenti non avrebbe compiuto o avrebbe compiuto in maniera diversa.
Per quanto di interesse, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, integra gli estremi della truffa contrattuale anche la condotta di chi ponga in essere artifici e raggiri consistiti nel tacere o dissimulare maliziosamente fatti e circostanze che, ove conosciuti, avrebbero indotto il contraente ad astenersi dal concludere il contratto (Cass. pen., sez. II, 14 luglio 2014, n. 30886).Claudia Piroddu, Avvocato
Ne consegue logicamente che il reato si configura anche nell’ipotesi in cui il compratore decida di acquistare l’immobile sulla base delle informazioni fornitegli dall’agente immobiliare o dal venditore, poi rivelatesi false o ingannevoli.
Invero, in tal caso ricorre l’induzione in errore ai danni del compratore, in quanto la sua volontà risulterà viziata, dal momento che egli non avrebbe proceduto all’acquisto se avesse conosciuto le reali condizioni dell’immobile.
Per chiarire meglio il concetto, analizziamo un caso pratico.
Con la sentenza n. 1730 del 16 gennaio 2018, la Corte di Cassazione si è occupata del caso di un agente immobiliare che non aveva comunicato all’acquirente di un immobile -nella specie, una mansarda- il difetto di abitabilità del locale oggetto della compravendita.
L’ignaro compratore, che aveva fatto affidamento e riposto piena fiducia sull’agenzia immobiliare, si era deciso all’acquisto nella convinzione che l’immobile fosse dotato del certificato di abitabilità, requisito, peraltro, decisivo per l’acquisto dell’immobile che avrebbe adibito a casa di abitazione.
I Supremi Giudici avevano, così, confermato la condanna nei confronti dell’agente immobiliare infedele per il reato di truffa contrattuale, sul presupposto che: “Il silenzio maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra il raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del contraente”.
Invero, l’omessa comunicazione circa l’abitabilità della mansarda aveva indotto in errore la persona offesa in ordine alla effettiva rispondenza dell’immobile alle caratteristiche richieste.
Tra l’altro, nell’occasione, la Corte ha ulteriormente precisato che, sebbene lo stato dell’immobile fosse verificabile anche dal compratore attraverso il controllo dei documenti allegati al rogito notarile, la predetta circostanza non vale comunque ad escludere la responsabilità dell’agente.
Infatti, da un lato, il controllo accurato delle planimetrie risulta di non facile espletamento, anche perché si tratta di questioni tecniche e di non immediata comprensione, che, pertanto, presuppongono determinate competenze che una persona inesperta generalmente non possiede.
Dall’altro lato, all’evidenza, una eventuale negligenza da parte dell’acquirente non varrebbe comunque ad escludere il reato, nella misura in cui lo stesso si è affidato al professionista e ha riposto piena fiducia nella regolarità dell’operato di quest’ultimo.
Insomma, l’effettiva corrispondenza dell’immobile alle caratteristiche richieste e rientranti nell’accordo tra le parti costituisce un elemento fondamentale sia per l’acquirente, che si impegna economicamente a corrispondere il prezzo pattuito, sia per il venditore e per l’agente immobiliare. Claudia Piroddu, Avvocato
Invero, questi ultimi sono tenuti in primis a fornire alla controparte tutte le comunicazioni utili all’acquisto e, inoltre, a garantire che l’immobile abbia in concreto le caratteristiche indicate, ciò al fine di evitare di incorrere in responsabilità anche di carattere penale, riconducibili, come abbiamo visto, nell’ambito della truffa contrattuale.
Focus di diritto civile, contratti • Avv. Viola Zuddas
Quando spetta la provvigione al mediatore immobiliare?
Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
La mediazione, quindi, si concretizza in un’attività di interposizione accettata dalle parti, ovvero da coloro che si avvalgono in maniera consapevole dell’opera del mediatore al fine della conclusione di un determinato affare.
Ebbene, l’evoluzione che ha interessato il mercato immobiliare ha reso inadeguato lo schema tipico della mediazione poiché inidoneo, in sostanza, a regolamentare le nuove fattispecie che da esso si discostano in parte.
Per tale motivo, nella prassi sono sorte delle fattispecie atipiche di mediazione che, muovendo dallo schema previsto nel Codice Civile, se ne differenziano per alcuni profili come, ad esempio, l’ipotesi di deroga all’obbligo di pagamento della provvigione.
Sul punto, deve ricordarsi che la disciplina generale prevede che il diritto alla provvigione del mediatore sorga quando sussistono due differenti condizioni: la prima è rappresentata dalla conclusione dell’affare, ovvero qualsiasi operazione avente contenuto economico che sia volta al perseguimento dell’interesse delle parti; la seconda è rappresentata dal nesso di causalità che deve sussistere tra l’opera del mediatore e la conclusione dell’affare stesso.
Tuttavia, nella prassi non è infrequente che il mediatore immobiliare inserisca nel contratto che fa sottoscrivere alle parti la clausola con cui viene riconosciuto il diritto al compenso per l’attività svolta a prescindere dalla conclusione dell’affare.
Ebbene, l’apposizione di tale clausola è sicuramente legittima purché l’altro contraente (cioè il proprietario dell’immobile o colui che sia intenzionato ad acquistarlo) la sottoscriva specificatamente.
Infatti, si tratta di una clausola cosiddetta vessatoria poiché è una condizione con cui, in sostanza, si aggrava la posizione dell’altra parte: essa, quindi, dev’essere espressamente approvata per iscritto, pena l’inefficacia.
Inoltre, la giurisprudenza impone alle parti di pattuire un meccanismo di adeguamento dell’importo della provvigione rispetto all’attività sino a quel momento concretamente espletata dal mediatore: infatti, la quantificazione del compenso del mediatore trova giustificazione nello svolgimento di una effettiva attività di ricerca di terzi interessati all’affare e dev’essere parametrata anche in relazione al tempo impiegato ed ai mezzi utilizzati. Viola Zuddas, Avvocato
La ragione dell’introduzione di tale principio di gradualità va ravvisata nell’esigenza di tutelare il contraente debole, cioè colui che si avvale dell’opera del mediatore, per evitare che sia tenuto a corrispondere un compenso sproporzionato rispetto all’attività concretamente prestata dal mediatore medesimo.
Nello svolgimento del rapporto, dunque, dev’essere assicurato sempre un certo equilibrio tra le prestazioni affinché venga garantita proporzionalità tra l’attività svolta e la sua remunerazione.
Focus di diritto internazionale e dell’Unione Europea • Avv. Eleonora Pintus
Esiste un diritto all’abitazione?
Il diritto “alla casa” si inserisce nell’ambito di una “tutela multilivello di diritti”, che coinvolge fonti internazionali, comunitarie e nazionali.
Anzitutto, a livello internazionale, sono numerosi i trattati sui diritti umani che riconoscono all’individuo il diritto fondamentale e inviolabile di godere di un’abitazione, quali: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (articolo 25), la Convenzione per l’eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (articolo 14), la Convenzione Internazionale per l’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale (articolo 5).
Tra queste, occupa un posto centrale la Convenzione internazionale su Diritti Economici, Sociali e Culturali, che, insieme ai General Comments 4 e 7, ha chiarito, per la prima volta, il contenuto del diritto all’abitazione.
Quest’ultima, definita come un luogo sicuro, dignitoso e dove vivere in pace e dignitosamente, deve rispondere a svariati requisiti quali, in particolare, quello dell’Abitabilità (Habitability), intesa come garanzia della sicurezza fisica attraverso uno spazio vitale che sia congruo, stabile strutturalmente e salubre.
A livello europeo, pur non essendo espressamente riconosciuto un “diritto alla casa” – giacché, in termini generali, l’UE non vanta alcuna competenza esclusiva in materia di abitazione – l’Unione garantisce e tutela diritti strumentali al diritto all’abitazione, quali la lotta all’esclusione sociale e alle discriminazioni, la promozione della giustizia, la protezione sociale, la promozione della coesione economica, sociale e territoriale. Eleonora Pintus, Avvocato
Sul punto, particolarmente rilevanti sono le direttive in materia di divieto di discriminazione che menzionano anche il diritto d’accesso ad un alloggio.
In questo senso, si inserisce proprio la direttiva n. 43/2000 CE che stabilisce il divieto di discriminazione “nell’accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l’alloggio”, recepita a livello nazionale dal d.lgs. n. 215 del 2003.
A questo punto, tuttavia, è opportuno chiedersi se gli stessi Stati siano obbligati a garantire il diritto all’abitazione.
La risposta è affermativa.
Al riguardo, è possibile individuare la fonte del predetto obbligo, a livello comunitario, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla quale, come è noto, il Trattato di Lisbona ha attribuito lo stesso valore giuridico dei Trattati.
Ebbene, nonostante, anche qui, non venga espressamente riconosciuto un diritto all’abitazione, la Carta, all’art. 34, par. 3, prevede che l’Unione “riconosce e rispetta il diritto (…) all’assistenza abitativa”, al fine di “assicurare un’esistenza degna a tutti quelli che non dispongono di risorse sufficienti”.
Il diritto a godere di una casa, dunque, viene sì riconosciuto ma per via “mediata”, e cioè quale diretta conseguenza del riconoscimento e della tutela di altri diritti fondamentali, sopra meglio detti, e ad esso strumentali.
A tal proposito, proprio nel gennaio del 2021, il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione 2019/2187(INI) avente ad oggetto “l’alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti”.
Nello specifico, la risoluzione, riconosciuto che l’accesso a un alloggio adeguato costituisce un diritto fondamentale, ribadisce l’obbligo delle autorità nazionali, regionali e locali degli Stati membri di definire la propria politica degli alloggi e di adottare le misure necessarie a garantire che tale diritto fondamentale sia rispettato nei rispettivi mercati immobiliari.
Questi, dunque, sono chiamati ad adottare strategie sempre più efficaci, in maniera tale da poter superare questa vecchia problematica entro il 2030.
Tra gli strumenti ed azioni indicate vi sono:
- la realizzazione di alloggi adeguati, efficienti dal punto di vista energetico e salubri;
- combattere il fenomeno dei senza dimora e lottare contro la discriminazione;
- un approccio integrato all’edilizia sociale, pubblica e a prezzi accessibili a livello di UE;
- garantire la sicurezza di occupazione e mercati immobiliari inclusivi;
- investire nell’edilizia abitativa sociale, pubblica, economica ed efficiente dal punto di vista energetico.
Tale risoluzione, con tutta evidenza, mira definire proposte in materia di politiche abitative nell’ambito dell’UE, rese necessarie a seguito di problematiche insorte ben prima della pandemia globale e determinate, in particolar modo, dalla carenza di abitazioni adeguate e a prezzi accessibili.
Difatti, circa 2/3 delle persone che hanno installato la propria vita nel territorio dell’Unione Europea risultano aver speso più del 40% o più del proprio reddito per l’alloggio, compresi coloro che pagano un canone di locazione nel settore privato.
La risoluzione, dunque, mira a definire e proporre un modello comune di edilizia sociale indirizzato a rispondere alle esigenze abitative non solo dei soggetti più svantaggiati, ma anche dei gruppi a medio reddito, e, dunque, riconoscere a qualunque individuo il diritto a godere di un alloggio, inteso come diritto a vivere in una casa salubre, in sicurezza e dignità.