Sport e Pandemia: la capacità del non arrendersi mai
Ricordo ancora le emozioni dei giorni in cui i notiziari parlavano del dilagare di una nuova malattia in Cina, di cui era responsabile la variante di un Virus che già tempo addietro aveva messo in ginocchio la popolazione mondiale.
I pensieri comuni erano per la gran parte “Tanto è lontano, non arriverà mai da noi”, “è solo un’influenza” “In Europa siamo molto più attenti all’igiene: figuriamoci se qui può svilupparsi”.
Ma non avevamo ancora finito di pronunciare queste frasi, che il primo caso Covid venne verificato anche in Italia.
La convinzione di restare al di fuori dell’influenza del virus era talmente forte che, non appena ci siamo resi conto che aveva colpito anche noi, si è trasformata in terrore.
Lo sport che insegno ormai da anni, il CrossFit, si è sempre svolto all’interno di posti grandi, areati e dotati di attrezzatura ad uso individuale per i Workout (gli allenamenti) previsti durante l’ora di lezione. Nonostante questo, anche adottando maggiori accorgimenti legati alla pulizia degli attrezzi e dei locali, e un maggiore contingentamento degli allievi, non potevamo garantire al 100% le interferenze tra le persone: siamo una Community, lo Sport è l’emblema della socialità e il nostro compito e dovere come allenatori, è quello di tutelare la salute dei nostri allievi a 360 gradi.
Cosicché, prima ancora che venisse espressamente emanato un Decreto che ce lo imponesse, abbiamo deciso, per senso di responsabilità, di chiudere; ma quello che avremmo pensato sarebbe durato una sola settimana, si è trasformato in un tempo indefinito.
Uno degli insegnamenti che attraverso il CrossFit trasmettiamo ai nostri allievi, è lo sviluppo della capacità di adattamento alle situazioni e ai cambiamenti, cercando in ogni modo di uscire e non stallare nella propria routine ma piuttosto di essere pronti per ciò che non si conosce e non si può comprendere (prepare for the Unknown and the unknowable). Così, dopo un primo momento di disorientamento e tentativi disordinati di fare allenamenti in videochiamata, ci siamo organizzati e abbiamo iniziato le nostre lezioni online attraverso l’uso di piattaforme studiate apposta per consentire l’incontro simultaneo, a distanza, di un alto numero di utenti.
La risposta è stata incredibile e gratificante: in un momento in cui sembravamo aver perso tutto, ecco che avevamo qualcosa; in un momento in cui per la maggior parte di noi la vita si alternava tra letto, tavola, divano e serie TV, la nostra giornata era nuovamente scandita da un momento di attività e socialità, attraverso le classi online.
Questo non solo ci ha permesso di restare uniti, ma ha rafforzato i legami tra noi e i nostri ragazzi. Loro ci hanno sostenuto in tutti i modi, ci hanno appoggiato e non ci hanno mai abbandonato, ripagando tutti gli sforzi compiuti per difendere gli obiettivi del nostro lavoro: garantire la loro sicurezza, salvaguardare la loro salute ed educarli a trovare, in ogni situazione, la forza, la volontà e il modo di prendersi cura di sé.
Nonostante alla fine siamo risultati essere uno dei primi settori ad aver chiuso in entrambi i lockdown, uno degli ultimi ad essere coinvolti nella riapertura e siamo stati costretti a lavorare all’aperto con l’adozione dei colori delle Regioni, mettendo mano ai risparmi per poter adattare il nostro lavoro alle norme in continuo cambiamento che ci sono state imposte, abbiamo saputo reagire ogni volta nel pieno rispetto delle regole e della tutela dei nostri iscritti.
Laura Macciò, Istruttrice FIDAL & FIPE L1, CF – L2
Da sempre nel mondo dello sport, dopo una Laurea in Ingegneria, ho cominciato a lavorare nel settore del Fitness dove opero ormai da 15 anni.
Ho conseguito il primo Livello come allenatrice di Atletica Leggera e Sollevamento Pesi nelle rispettive federazioni Coni, nonché le Certificazioni ufficiali per diventare Trainer CrossFit.
Questo altro non è che un programma di rafforzamento e condizionamento fisico mirato ad acquisire benessere completo e generale. E’ definito “lo sport del fitness” e consiste nello svolgere “movimenti funzionali ad alta intensità costantemente variati”.
Attualmente insegno a Nettuno in provincia di Roma, al Box certificato CrossFit 4112.
Credo fermamente in quello che faccio perché, attraverso il CrossFit, riesco ogni giorno a portare le persone che alleno a compiere un passo verso il loro miglioramento e il superamento dei propri limiti. Questo metodo infatti, grazie alla adattabilità e versatilità dei movimenti che utilizza, permette di allenarsi a chiunque e in qualsiasi condizione (non solo in termini di condizioni fisiche, ma anche di livello di Fitness generale).
Focus di diritto tributario • Avv. Francesco Sanna
Il regime fiscale delle ASD e SSD
Il D. Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, intitolato “riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi dilettantistici e professionisti e in materia di lavoro sportivo” e la cui entrata in vigore è – in parte – stata rinviata, definisce l’associazione e la società sportiva dilettantistiche come quel soggetto giuridico, affiliato ad una Federazione sportiva nazionale, ad una Disciplina sportiva associata o ad Ente di promozione sportiva, che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva.
Ciò detto è bene precisare che le attività svolte dalle predette associazioni si distinguono in due tipologie: istituzionali e commerciali.
Le prime sono quelle rientranti nell’oggetto sociale e dirette al raggiungimento delle finalità statutarie, mentre le seconde sono quelle volte al procacciamento dei mezzi finanziari necessari al perseguimento delle finalità istituzionali.
In forza della legge del 16 dicembre 1991, n. 398, le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e le società sportive dilettantistiche (SSD) possono avvalersi di una disciplina fiscale agevolata, purché il loro statuto sia redatto in coerenza alla disciplina sancita dall’articolo 90 della Legge del 27 dicembre 2002, n. 289, e che queste siano iscritte al Registro delle associazioni e società sportive tenuto dal CONI.
Così alle ASD e SSD, ai fini della tassazione IRES, viene applicato il regime agevolato previsto dalla legge del 1991.
Condizione per poter godere del regime in parola è che tali enti, durante il periodo d’imposta precedente, abbiano conseguito proventi derivanti da attività commerciali per un importo non superiore a € 400.000,00.
In merito alle entrate escluse dal calcolo del suddetto limite, si evidenzia che:
– dal calcolo dei proventi derivanti da attività commerciali si devono escludere le plusvalenze patrimoniali e le entrate che non costituiscono reddito imponibile IRES a causa delle previsioni di altre disposizioni legislative particolari;
– non rientrano nel plafond le entrate realizzate mediante raccolta pubblica di fondi, purché ottenute mediante l’organizzazione di massimo due eventi l’anno aventi natura occasionale.
L’importo complessivo ammesso derivante dalle attività appena menzionate è pari a € 51.646,00 annui.
Ancora, non rientrano tra i ricavi le attività svolte nei confronti degli associati o partecipanti dell’associazione o dei soci della società in conformità delle finalità istituzionali.
Di converso se le attività sono svolte a fronte del pagamento di corrispettivi da parte degli associati o dei soci, l’attività è considerata commerciale e i suoi ricavi concorrono a formare il reddito complessivo dell’associazione e, quindi, assoggettato a reddito d’impresa.
Lo stesso avviene se le attività sono svolte verso pagamento di quote o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni a cui gli associati o i soci hanno diritto.
Invece, in generale, non rilevano ai fini IRES e sono esenti dall’IVA, le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti dei propri associati o soci, delle altre associazioni che fanno parte della stessa organizzazione locale o nazionale e degli associati di essa, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici.
Inoltre non rientrano nel limite dei 400.000,00 euro i contributi corrisposti alle sole ASD e non alle SSD da Pubbliche Amministrazioni per lo svolgimento convenzionato di attività sportive dilettantistiche esercitate in conformità ai fini istituzionali alle ASD.
Quanto all’IRPEF, il D. Lgs. Del 15 giugno 2015, n. 81 prevede che le ASD e le SSD affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli enti di promozione sportive riconosciuti dal CONI, possono utilizzare il contratto di collaborazione coordinata e continuativa al posto del contratto di lavoro subordinato per le prestazioni lavorative rese a fini istituzionali nei loro confronti.
I compensi a tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro sportivo con una ASD o SSD, fino all’importo annuo di € 10.000,00, non costituiscono redditi imponibili ai fini dell’IRPEF per il percettore.
Le ASD e le SSD che optano per il regime fiscale della Legge n. 398/1991 sono esonerate dagli obblighi contabili ordinari previsti ai fini IVA, in particolare dall’obbligo di certificare i corrispettivi incassati emettendo fattura, ricevuta o scontrino fiscale – salve alcune eccezioni – ma debbono comunque assolvere taluni obblighi semplificati.
Infine, quanto all’IMU, la Legge riconosce agli enti non commerciali, tra cui le ASD, il diritto all’esenzione per le attività svolte con modalità non commerciali negli immobili posseduti.
Focus di diritto penale • Avv. Claudia Piroddu
Sport e carcere
Come abbiamo visto nel Focus a cura di Laura Macciò, la pandemia ha avuto delle ripercussioni gravissime anche nel settore dello sport, tanto per gli operatori –che per lunghi periodi hanno dovuto cessare qualsiasi attività in presenza– quanto in termini di salute psicofisica di chi lo pratica.
È innegabile che lo sport assume un ruolo importante per il benessere della persona, ma riveste altresì un rilevante valore sociale, dal momento che consente di uscire dall’isolamento, di sviluppare l’autodisciplina e il rispetto delle regole ed, inoltre, di recuperare il senso di solidarietà, lealtà e collaborazione.
Sono proprio i valori e i benefici connessi all’esercizio dell’attività sportiva in generale che possono far comprendere la rilevanza che lo sport può assumere, nello specifico, all’interno della struttura carceraria e ciò sia per il detenuto che per l’intera organizzazione penitenziaria.
Da un lato, anche tenuto conto della condizione di emergenza e sovraffollamento in cui versano la maggior parte degli istituti di pena italiani, praticare sport in carcere aiuta a mantenersi in salute, a contrastare la sedentarietà e a gestire una serie di stati d’animo negativi, come ansia, tristezza, paura, alienazione e frustrazione.
Lo sport, dunque, non è solo un passatempo, ma è uno strumento attraverso il quale esprimere la propria personalità, incluso dall’UNESCO nella Carta Internazionale dello Sport e dell’Educazione Fisica del 1978 tra i “diritti umani”.
D’altra parte, non può trascurarsi che lo sport, al pari di qualsiasi attività lavorativa o culturale, rappresenta un valido strumento dal valore rieducativo e di recupero sociale dei detenuti.
A tale riguardo, il quadro normativo di riferimento è rappresentato dalla Legge 26 luglio 1975, n. 354, rubricata “Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, con la quale è stata data attuazione al principio contenuto nell’art. 27 della Costituzione che prevede che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Successivamente, è stato introdotto il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, che nell’art. 59 ha regolamentato l’esercizio di attività culturali, ricreative e sportive, prevedendo che tali attività debbano essere organizzate in modo da favorire la partecipazione dei detenuti e internati lavoratori e studenti, con particolare riferimento ai giovani, cui la norma si rivolge espressamente, al fine di incoraggiare l’esercizio di attività sportive, grazie anche alla collaborazione di enti nazionali e locali preposti alla cura delle stesse.
Giova sottolineare, inoltre, che le attività culturali e sportive svolte all’interno del sistema penitenziario abbiano come ulteriore finalità la promozione del reinserimento sociale dei detenuti, dal momento che tali attività promuovono la socializzazione e contrastano il senso di marginalizzazione dell’individuo.
Analizzando i dati forniti dall’Osservatorio di Antigone, in Italia non è possibile avere il numero preciso dei soggetti coinvolti nelle attività sportive, ma vi è una percentuale che si attesterebbe circa al 28% dei detenuti, con un maggiore coinvolgimento delle donne.
Inoltre, la maggior parte degli istituti non paiono avere strutture e spazi adeguati per lo svolgimento di attività sportive, né tanto meno operatori specializzati, in grado di garantire risultati ottimali.
Tuttavia, non mancano esempi virtuosi.
Nel 2017, la Casa Circondariale di Rebibbia –in cui sono presenti diverse palestre e campi sportivi- ha organizzato svariate attività sportive, come, ad esempio, un campionato di calcio, con la partecipazione anche di squadre esterne all’istituto, la corsa podistica, tornei di rugby e tennis.
La Casa di reclusione Opera prevede attività di fitboxe, CrossFit, calcetto e pallavolo, mentre l’istituto di Perugia Capanne ha avviato delle collaborazioni con diverse Federazioni sportive (FIGC per le attività calcistiche e FIP per la pallacanestro) e sia nel carcere di Torino che di Bologna le squadre di Rugby hanno partecipato ai campionati regionali di Serie C.
In quest’ottica, si segnala l’importante progetto “Sport in carcere”, organizzato dal CONI in collaborazione con il Ministero della Giustizia, finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione carceraria, grazie al quale si è potuto procedere alla riqualificazione degli ambienti e degli spazi da destinare alle attività sportive, a garantire lo svolgimento delle stesse, ma anche a consentire ai detenuti di partecipare a corsi di formazione professionale (ad es. per arbitri), in questo modo contribuendo a favorire il reinserimento lavorativo dei detenuti.
Il progetto è stato attivato in via sperimentale a Roma e Bologna e, successivamente, in molte altre città italiane e, a livello locale, anche nel carcere di Nuoro, ove si pratica calcio, atletica, yoga, ed è stato proposto il programma “sport e nutrizione”.
Altra iniziativa di assoluto rilievo è il progetto europeo “SPPF – Sport in prigione”, su iniziativa dell’Uisp (da sempre attivo nel promuovere l’attività fisica all’interno degli istituti penitenziari per adulti e minori e nel predisporre percorsi di inclusione sociale), che, oltre all’Italia, coinvolge diversi paesi europei, come Belgio, Bulgaria, Croazia e Olanda.
L’obiettivo ambizioso è di utilizzare lo sport come strumento di collegamento con altri settori della società, in modo tale che si crei un ponte tra il carcere e il mondo esterno, mettendo in relazione diversi istituti di pena, i detenuti, il personale carcerario, i volontari e le federazioni sportive, con lo scopo di fornire sostegno ai detenuti anche dopo che avranno concluso l’esperienza carceraria.
Focus di diritto civile • Avv. Viola Zuddas
Lo sport per l’inclusione e l’uguaglianza di genere
Noi tutti sappiamo che lo sport è uno degli strumenti più importanti che abbiamo a disposizione per migliorare la nostra condizione fisica e psicologica e, in generale, la salute: l’attività fisica, infatti, riveste un ruolo primario di tipo preventivo e, altresì, terapeutico nel trattamento di alcune condizioni e patologie.
Lo sport, però, è anche uno strumento utile per promuovere l’inclusione sociale e l’uguaglianza di genere, in quanto è capace di unire persone, pure se molto diverse tra loro, grazie alla condivisione di un’attività caratterizzata da impegno, fatica, sacrifici e soddisfazioni.
Lo sport, dunque, mira a superare le disuguaglianze che naturalmente esistono, valorizzando non soltanto lo sviluppo fisico ma, anche, quello educativo e sociale: non per niente nella Carta Olimpica, approvata dal Comitato Olimpico Internazionale (“C.I.O.”) per la regolamentazione dei Giochi Olimpici, sono stati espressamente indicati, come principi irrinunciabili dello sport, la non discriminazione e l’uguaglianza di genere.
Tuttavia, in relazione alle competizioni sportive di interesse nazionale ed internazionale (pensiamo, ad esempio, alle Olimpiadi o ai campionati del mondo di qualsiasi disciplina) non vi è equilibrio nella copertura mediatica degli sport praticati da uomini e quelli praticati da donne.
Inoltre, deve registrarsi che, spesso, la presentazione di un’atleta donna è dominata da riferimenti all’aspetto, all’età o alla vita familiare, mentre gli uomini sono descritti come potenti e dominanti, e sono apprezzati come atleti a prescindere dall’aspetto, dall’età o dalle vicende personali.
Tra l’altro, non si deve dimenticare che lo sport è sempre stato associato al “mondo maschile” poiché la partecipazione degli uomini è stata sicuramente preminente in tutte le discipline sportive, al contrario di quella delle donne che è stata circoscritta soltanto a delle attività considerate più “femminili”, come la pallavolo, la ginnastica ritmica e poche altre.
Inoltre, nonostante negli ultimi anni la partecipazione femminile sia effettivamente aumentata ed abbia attirato maggiore attenzione rispetto al passato (soprattutto grazie alle imprese sportive di atlete come Paola Egonu, Sofia Goggia e Simona Quadarella – per citare alcune delle più conosciute), le donne rimangono sottorappresentate anche negli organi decisionali delle istituzioni sportive, sia che si tratti di organismi che operano a livello locale e nazionale che europeo e mondiale.
Quindi in che modo lo sport può essere davvero uno strumento di lotta agli stereotipi e alla violenza di genere?
Sono numerose le organizzazioni che promuovono il coinvolgimento di ragazze e donne a tutti i livelli di partecipazione, inclusi coaching, amministrazione, arbitrato, scienza dello sport e simili, per migliorare l’equilibrio di genere all’interno di questo mondo.
Pensiamo, ad esempio, al già citato C.I.O. che, nell’agosto dello scorso anno, ha accolto Federica Pellegrini come nuovo membro della Commissione atleti: peraltro, questa carica le consentirà di entrare automaticamente in Giunta ed al Consiglio Nazionale del CONI, riconoscendole il diritto al voto in occasione dell’elezione del prossimo presidente dell’Ente nel 2025.
Ebbene, per quanto riguarda la necessità di migliorare l’equilibrio di genere all’interno del mondo dello sport, l’Unione Europea riveste un ruolo molto importante poiché più volte (pensiamo alla “Carta per le donne” o all’ultima “Strategia per la parità tra donne e uomini 2020 – 2025”, ecc.) si è assunta l’impegno di affrontare ed eliminare il divario di genere nei processi decisionali, attraverso l’adozione di raccomandazioni che incoraggiano gli organi di governo dello sport e le organizzazioni non governative a elaborare ed attuare strategie d’azione nazionali e internazionali per la parità di genere.
Nello specifico, la Commissione Europea intende sostenere, anche sotto il profilo economico, delle iniziative volte a promuovere la parità di genere e che perseguano l’obiettivo di consentire alle donne e agli uomini, in tutta la loro diversità – unicità, di compiere liberamente le loro scelte di vita, avendo pari opportunità di realizzarsi e di partecipare al mondo dello sport.
Non dimentichiamo, poi, che lo sport dei giorni nostri è un terreno in cui la competizione anima lo spirito degli atleti e proprio tale aspetto consente agli sportivi di emergere grazie alle proprie capacità e qualità, indipendentemente dal sesso.
Pensiamo, ad esempio, al mondo del CrossFit di cui Laura Macciò, autrice del focus, fa parte sia come atleta che come trainer: qui c’è un approccio profondamente diverso in ordine all’allenamento della forza che potrebbe definirsi in una certa misura “neutro” rispetto agli stereotipi di genere legati al fitness ed alle altre discipline sportive.
Focus di diritto dell’Unione Europea • Avv. Eleonora Pintus
Ue e sport: i finanziamenti del 2022
Lo sport è uno dei settori di più recente intervento dell’Unione Europea.
La sua competenza in materia non è di carattere esclusivo ma diretto a sostenere e rafforzare quella dei singoli Stati membri.
La base giuridica che legittima l’intervento dell’UE è da rinvenirsi nell’art. 6, lettera e), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) secondo cui lo sport è un settore in cui l’azione a livello di UE dovrebbe sostenere, coordinare e completare l’azione degli Stati membri, e nell’art. 165. La norma, in particolare, sancisce che l’UE “contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa”. Il secondo paragrafo, invece, specifica che l’azione dell’Unione è intesa “a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi”.
L’Unione dispone, dunque, di una base giuridica per sostenere tale settore a livello strutturale e, come tale, è chiamata ad elaborare politiche e promuovere iniziative a sostegno dell’attività fisica e dello sport in Europa.
Ma quali sono le politiche varate dall’Unione fino ad oggi e quali programmi sono stati elaborati per garantire la ripresa dello sport in Europa?
Ebbene, poiché il pacchetto di iniziative per la promozione, sviluppo e sostegno dello sport è particolarmente ricco, ci limiteremo, in questa sede, ad evidenziare soltanto quelle che – a parere di chi scrive – sono connotate di maggiore rilievo per impatto sociale.
Tra queste, va senz’altro menzionato il piano di lavoro dell’UE per lo sport.
Si tratta del più importante documento dell’UE sulla politica in materia di sport, incentrato sulle principali attività dell’Unione nel settore, oltre che rappresentare uno vero e proprio strumento di orientamento per la promozione della cooperazione tra le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e le parti operanti nel settore dello sport.
Il piano è stato adottato per la prima volta nell’anno 2011 e, successivamente, ciclicamente ogni tre anni, fino all’adozione del quarto piano di lavoro dell’UE per lo sport (2021-2024), adottato dal Consiglio nel dicembre 2020.
Tra i vari interventi, il piano mira, ad esempio, a garantire l’uguaglianza nel settore dello sport nell’UE prevedendo un aumento della percentuale di donne tra gli allenatori e nelle posizioni dirigenziali, a promuovere pari condizioni per tutti gli atleti e a rafforzare la copertura mediatica delle competizioni sportive femminili.
Tra gli altri obiettivi suggeriti dal piano merita di essere ricordata l’esigenza di rafforzare “la ripresa e la resilienza alle crisi del settore dello sport durante e dopo la pandemia di COVID-19”.
Pandemia da Covid – 19 e sport: il finanziamento come soluzione di ripresa
Al riguardo, il 22 giugno 2020 il Consiglio ha adottato le sue conclusioni sull’impatto della pandemia da COVID-19 sul settore dello sport.
Il documento descrive con lucidità come il settore dello sport sia stato duramente colpito dalla pandemia, anche in termini economici, con conseguenze devastanti sulle attività sportive a tutti i livelli, agonistico e non.
Al riguardo, il Consiglio rileva la necessità di adottare strategie di ripresa multilivello, in senso verticale e orizzontale, con l’evidente fine di garantire il rifiorire, oltre che dell’economia del settore, anche del benessere fisico e psichico delle persone.
In tal senso, il Consiglio, coerentemente con i poteri di cui agli artt. 6 e 165 del TFUE, ha incoraggiato le istituzioni dell’UE a integrare le azioni nazionali mediante interventi di sostegno finanziario al settore attraverso i programmi e i fondi dell’UE disponibili, quali, ad esempio, Erasmus+, il Corpo europeo di solidarietà, i fondi della politica di coesione e le iniziative di investimento in risposta al coronavirus (CRII, CRII+).
Ebbene, in linea con le direttive fornite, il 10 febbraio 2021, il Parlamento ha approvato una risoluzione in cui sottolinea la necessità di fornire agli Stati membri un sostegno finanziario strategico e pratico – non solo destinato ai grandi eventi – al fine di evitare che la pandemia abbia effetti duraturi sui giovani e lo sport.
Il piano 2021-2024
A dicembre 2020, il Consiglio dell’UE ha definito il piano di lavoro dell’UE per lo sport 2021-2024, improntato a realizzare diversi obiettivi quali:
- rafforzare uno sport basato sull’integrità e sui valori nell’UE
- rafforzare la ripresa e la resilienza alle crisi del settore dello sport durante e dopo la pandemia di COVID-19
- favorire una politica sportiva sostenibile e basata su dati concreti (in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’ONU)
- rafforzare la partecipazione allo sport e all’attività fisica salutare al fine di promuovere uno stile di vita attivo e rispettoso dell’ambiente, la coesione sociale e la cittadinanza attiva
- garantire, attraverso la cooperazione intersettoriale, la consapevolezza di altri settori politici dell’UE in merito all’importante contributo che lo sport può apportare, in Europa, alla crescita sostenibile sul piano sociale e ambientale, alla digitalizzazione, nonché alla ripresa dalla pandemia di COVID-19 e alla resilienza futura, come pure al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile
- rafforzare la dimensione internazionale della politica sportiva dell’UE, in particolare attraverso gli scambi e la collaborazione con i governi e le parti interessate al di fuori dell’UE
- dare seguito ai tre precedenti piani di lavoro dell’UE per lo sport e ad altri documenti dell’UE relativi allo sport, come le conclusioni e risoluzioni del Consiglio
- portare avanti lo scambio di conoscenze ed esperienze tra gli Stati membri dell’UE e la Commissione
- intensificare il dialogo e la cooperazione a livello dell’UE con il movimento sportivo e altre parti interessate e istituzioni competenti, sia all’interno che all’esterno del settore dello sport e dell’attività fisica
- sostenere, secondo le modalità opportune, l’attuazione del capitolo Sport del programma Erasmus+
Erasmus + e Sport : i finanziamenti disponibili per il 2022
Nell’ambito del programma Erasmus+ per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, l’UE prevede dettagliate azioni nel settore sportivo per promuovere e favorire la partecipazione allo sport, all’attività fisica e altresì al volontariato.
Si segnala che le organizzazioni che operano in questo settore potranno presentare proposte che affrontano le dette sfide mediante l’elaborazione di programmi di:
- partenariati di collaborazione
- partenariati su piccola scala
- eventi sportivi europei senza scopo di lucro
Per chi fosse interessato alla realizzazione di programmi, a partire dal 2022, è disponibile anche un bando specifico sul Capacity Building nel settore sportivo, senza dimenticare la possibilità di fruire di finanziamenti destinati al settore dello sport ed ai quali l’Unione Europea ha dedicato un sito internet ove reperire informazioni su come e quando presentare domande di finanziamento.