L’insegnamento del sardo a scuola

Come abbiamo già chiarito negli altri articoli (per un approfondimento clicca qui: https://www.forjus.it/2021/10/27/chi-e-responsabile-per-il-danno-subito-dallalunno/ ) ‘ammissione dell’allievo a scuola determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto uno specifico dovere di protezione e vigilanza volto a prevenire eventuali danni che lo studente possa subire per il tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni.

L’obbligazione principale, però, è quella di istruire ed educare i bambini ed i ragazzi che siano stati ammessi nell’istituto scolastico, in conformità con quanto prescritto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (cosiddetto “MUR”).

In particolare, sul sito del MUR (per un approfondimento clicca qui: https://miur.gov.it) si legge che il sistema educativo di istruzione e di formazione italiano è organizzato in base ai principi della sussidiarietà e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Lo Stato, infatti, ha competenza legislativa esclusiva per le norme generali sull’istruzione e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; tuttavia, le regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di istruzione, e potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale.Avv. Viola Zuddas, Civilista

All’interno di questo quadro istituzionale così definito, deve ricordarsi che viene comunque riconosciuta autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, sperimentazione e sviluppo alle istituzioni scolastiche.
Ad oggi, però, sono pochi gli istituti scolastici che inseriscono nella loro offerta formativa l’insegnamento dell’italiano e di una lingua minore o del dialetto regionale (il cosiddetto “bilinguismo”).

Qual è la differenza tra lingua e dialetto?

Prima di approfondire tale aspetto, è importante chiarire quali siano le differenze tra lingua e dialetto.

Sul punto, Enrico Putzolu, in qualità di operatore di sportello linguistico (figura istituita ai sensi della legge n.482/1999 in materia di Tutela e promozione delle lingue locali), precisa che sotto il profilo linguistico non vi è alcuna differenza tra lingua e dialetto, anche se comunemente la prima sarebbe percepita come un sistema autonomo superordinato, mentre il secondo come un sistema linguistico subalterno.

Ma la gerarchia fra lingua e dialetto non ha nulla a che fare con la natura dei due termini che, evidentemente, sono stati ormai privati del loro significato originale.
Infatti, “lingua” è un termine usato a lungo tra gli intellettuali umanistici della Questione della lingua del Cinquecento per indicare le parlate municipali dotate di prestigio; mentre, “dialetto” deriva dal greco dialektos, ovvero conversazione, colloquio, ed è stato impiegato per indicare le varietà greche assurte a linguaggi letterari.

Dunque, per tanto tempo, lingua e dialetto sono stati sinonimi indicanti «un sistema o codice linguistico proprio di una regione europea o di un territorio meno vasto».

Bisogna, inoltre, precisare che il processo letterario messo in atto da Pietro Bembo e dall’Accademia della Crusca a partire dal XVI secolo, con il quale venne ideato un vero programma culturale e di codificazione della lingua italiana, esalterà la parlata toscana a tal punto che questa verrà confermata lingua nazionale in seno all’unità sabauda, relegando così le altre a “varietà subalterne”.Avv. Viola Zuddas, Civilista

Può, dunque, affermarsi che la differenza tra lingua e dialetto oggigiorno sia dovuta più a ragioni di natura storico-sociologica che linguistica.

Chiarito ciò, deve ricordarsi che esistono diversi livelli di politiche linguistiche e differenti normative che sono il frutto dei processi storici che hanno interessato l’Italia intera e le singole regioni e che portano con sé eredità differenti e diverse sensibilità.

Il sardo: lingua o dialetto?

In Sardegna, ad esempio, il “sardo” è riconosciuto come lingua e non come dialetto, anzitutto in ragione delle sue peculiarità linguistiche: è, infatti, una lingua indoeuropea considerata autonoma rispetto ai sistemi dialettali di area italica, gallica e ispanica e, pertanto, è classificata come idioma a se stante nel panorama neolatino e, più precisamente, è ascritto nel gruppo distinto del “Romanzo Insulare”.

A ciò si aggiunga che vi sono diversi interventi legislativi – soprattutto di carattere regionale, come la Legge Regionale 3 luglio 2018, n. 22 recante “Disciplina della politica linguistica regionale” – volti a dare applicazione al principio di parità linguistica sancito dall’art. 6 della Costituzione, che tendono, tra l’altro, ad incentivare l’organizzazione di corsi nelle scuole per preservare la memoria e salvaguardare le caratteristiche culturali della società, affinché le nuove generazioni non dimentichino le proprie radici e possano continuare a godere dei benefici cognitivi indotti dal bilinguismo locale.Avv. Viola Zuddas, Civilista

Lo stesso Enrico Putzolu, attivo nel panorama delle attività promosse e sostenute dalle leggi a tutela delle realtà linguistiche locali, si occupa della formazione in lingua sarda e dei laboratori linguistici che cura e gestisce come insegnante in alcuni istituti scolastici della Sardegna, e come formatore nell’ambito dei corsi di alfabetizzazione per i dipendenti pubblici curati dagli sportelli linguistici comunali.

Come possono gli studenti applicare, in concreto, questi principi durante lo svolgimento dell’attività scolastica?

Intanto, come già chiarito in precedenza, la L. Regionale 22/2018 – per quel che qui interessa – tutela, promuove e valorizza la lingua sarda anche attraverso l’educazione plurilingue nelle scuole di ogni ordine e grado.

Per queste finalità, dunque, è consentito agli studenti parlare il sardo durante l’orario di lezione, dimodoché gli stessi riescano ad acquisire delle maggiori competenze linguistiche che potranno sicuramente essere valutate come una risorsa da spendere anche in futuro nel mondo del lavoro.

Tra l’altro, sono diversi gli esempi di ragazzi che, negli ultimi anni, hanno sostenuto degli esami o, addirittura, preparato la tesi in lingua sarda.

Infatti, quando l’istituto scolastico presenta la propria offerta formativa in regime di bilinguismo, prevedendo l’insegnamento del sardo tramite progetti cosiddetti “C.L.I.L.”, cioè Content and Language Integrated Learning – che in altri contesti analoghi, come in Catalogna o Irlanda, viene chiamata “immersione linguistica” – punta a far sì che l’apprendimento e la pratica della lingua minore (o del dialetto) proceda di pari passo con l’acquisizione delle competenze didattiche.

Proprio in questi istituti, quindi, gli studenti sono maggiormente incentivati ad utilizzare il sardo nello svolgimento dell’attività didattica.

Viola Zuddas, Avvocato

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