La sicurezza dei prodotti cosmetici
Per poter definire la sicurezza di un prodotto cosmetico è necessario fare una premessa: i cosmetici, per loro definizione, non possono provocare effetti nocivi, ma solo effetti benefici per l’organismo.
Ai sensi dell’art.3 del Regolamento 1223/2009, Testo Unico in materia vigente nel territorio europeo, i prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato “sono sicuri per la salute umana se utilizzati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili”.
La sicurezza dei prodotti cosmetici è, dunque, un requisito essenziale ai fini della loro immissione sul mercato.
Come tale, al fine di garantire tale adempimento, la presentazione non deve essere ingannevole, l’etichetta deve indicare istruzioni d’uso, avvertenze, modalità di smaltimento del prodotto e qualsiasi altra informazione necessaria al consumatore.Lucia Palmas, Farmacista
Appare tuttavia spontaneo chiedersi come, dal punto di vista pratico, venga garantita la sicurezza di un prodotto cosmetico.
Anzitutto, il primo passo verso la sicurezza è garantito dal soddisfacimento delle GMP, Buone Pratiche di Fabbricazione. Trattasi di un insieme di processi, procedure e documenti, che le aziende cosmetiche sono tenute a rispettare in conformità al predetto Regolamento e che assicurano che i cosmetici siano prodotti secondo gli standard di qualità previsti dalla normativa vigente.
In secondo luogo, è necessario l’intervento di un soggetto deputato al controllo preventivo all’immissione in commercio dei prodotti cosmetici
Questi, nella specie, deve assicurarsi che i prodotti siano previamente sottoposti ad una valutazione della sicurezza.
Lucia Palmas, Farmacista
La relazione sulla sicurezza consta di due parti:
- la prima include le caratteristiche tecniche del prodotto;
- la seconda parte è, invece, la vera e propria valutazione della sicurezza effettuata da un “valutatore della sicurezza”, ossia un soggetto dotato di competenze tecniche, titoli ed esperienza necessari per effettuare questo tanto tecnico quanto delicato test di valutazione.
Il valutatore, dunque, è chiamato a redigere la relazione in seguito allo studio del prodotto, spiegando la motivazione scientifica alla base delle conclusioni della valutazione, le conclusioni ed eventuali avvertenze da riportare in etichetta; infine firma il tutto con data e luogo.
Questo documento viene inserito nel PIF, Product information file, che contiene le informazioni sul prodotto cosmetico e viene detenuto dalla persona responsabile nell’eventualità in cui le autorità possano richiederlo.
In questa fase assume un ruolo particolarmente rilevante un organo della Commissione Europea, il “CSSC”, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, il quale si occupa di esprimere pareri in materia non alimentare, e quindi anche cosmetica, a seguito di espressa richiesta da parte della Commissione Europea.
Dopo aver effettuato la valutazione del rischio della sostanza in esame, il Comitato può alternativamente esprimere parere positivo, legittimando l’utilizzo della sostanza, oppure parere negativo, con conseguente richiesta di intervento della Commissione Europea affinché ne vieti o limiti l’uso.Lucia Palmas, Farmacista
Dagli anni ‘70 questa istituzione ha valutato tantissimi ingredienti cosmetici al fine di garantire la loro sicurezza e permettendo l’aggiornamento degli allegati al Regolamento relativi alle sostanze vietate o il cui uso è limitato.
Un altro aspetto che garantisce la sicurezza dei prodotti è dato dalla fitta rete di sorveglianza post market che viene attuata in ogni Stato dagli organi preposti. In Italia, ad esempio, questo compito è svolto dal Ministero della salute che incarica gli organi territorialmente competenti, ossia NAS e ASL.
Questi ultimi possono, nell’ambito della loro attività ispettiva: richiedere la documentazione informativa sul prodotto alla persona responsabile; disporre il ritiro di lotti interessati da eventuali discrepanze; effettuare analisi e cooperare con le autorità di altri Stati membri qualora sia necessario.
In questo ambito si colloca la Cosmetovigilanza la quale costituisce la raccolta, valutazione e monitoraggio delle segnalazioni di effetti indesiderabili osservati durante o dopo l’utilizzo normale o ragionevolmente prevedibile di un prodotto cosmetico. Ciò è particolarmente rilevante in quanto, qualora un prodotto dovesse provocare effetti indesiderati in una parte notevole della popolazione, scatta l’allerta per CSSC che studierà il caso, con conseguente adozione di adeguati provvedimenti da parte della Commissione.
Come si può notare, il sistema che garantisce la sicurezza dei prodotti cosmetici è molto complesso ed efficiente.
In ogni caso, è sempre opportuno che il consumatore utilizzi i prodotti cautamente e secondo le indicazioni riportate in etichetta.
Lucia Palmas, Farmacista
Mi sono laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università di Cagliari con una tesi sull’utilizzo di principi attivi estratti da agrumi autoctoni come antibatterici.
Ho conseguito l’abilitazione alla professione di farmacista e in seguito al mio percorso di studi ho svolto alcune esperienze professionali e accademiche all’estero, prima in Spagna (Oviedo) presso una start up di biotecnologie con applicazioni nel campo farmaceutico e cosmetico, poi in Argentina presso la rinomata “Universidad de Buenos Aires, facultad de farmacia” presso cui ho svolto attività di ricerca per lo sviluppo di una terapia antitubercolare.
Ho, inoltre, pubblicato come co-autore un articolo scientifico nella rivista “Molecules”.
Attualmente sono una specializzanda al secondo anno presso COSMAST, Master in Scienza e Tecnologia Cosmetiche dell’Università di Ferrara.
Focus di diritto tributario • Avv. Francesco Sanna
Aliquota IVA applicabile alle cessioni dei prodotti cosmetici
In ordine all’ambito di applicazione dell’articolo 124 del decreto Rilancio, si specifica che con la locuzione ‹‹detergenti disinfettanti per mani›› il legislatore ha voluto far riferimento ai soli prodotti per le mani con azione disinfettante (i.e. biocidi e presidi medico-chirurgici), soggetti alla preventiva autorizzazione delle autorità competenti. I comuni igienizzanti/detergenti per le mani, per i quali non è prevista alcuna specifica autorizzazione, non possono dunque considerarsi ricompresi nell’elenco di cui all’articolo 124 del decreto in esame, in quanto non svolgono un’azione disinfettante, limitandosi a rimuovere lo sporco e i microrganismi in esso presenti.
Pertanto, fermi restando i codici doganali individuati dall’ADM nella circolare 12/D del 2020, si ritiene che devono considerarsi agevolabili non tutti i prodotti corrispondenti ai codici TARIC, bensì solo i biocidi e i presidi medicochirurgici autorizzati per l’igiene umana (PT1) e quelli utilizzabili sia per l’igiene umana sia per disinfettare le superfici (PT1/PT2), i cui principi attivi devono rispettare le percentuali indicate dall’Istituto Superiore della Sanità nel Rapporto 19/2020 Rev.
Poiché trattasi di prodotti soggetti alla preventiva autorizzazione dell’autorità del Ministero della salute, in assenza di questa autorizzazione o nelle more della stessa, la relativa cessione non potrà beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 124, comma 2, o all’aliquota IVA del 5 per cento.Francesco Sanna, Avvocato
Ancora, tra i beni soggetti all’aliquota IVA ridotta del 10% sono inclusi i dispositivi medici classificabili nella voce 3004 della Nomenclatura combinata e non anche i prodotti cosmetici o per la cura della pelle classificati nella voce 3304, ai quali deve essere pertanto applicata l’aliquota IVA ordinaria pari al 22%.
Questo è quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 545 del 16 agosto 2021, relativa all’ambito applicativo del n. 114) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, riferito ai ‹‹medicinali pronti per l’uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale››.
Secondo l’Agenzia, in base all’art. 1, comma 3, della L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), devono intendersi compresi nell’elenco in esame anche i dispositivi medici a base di sostanze normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della Nomenclatura combinata di cui all’allegato 1 del Regolamento di esecuzione n. 2017/1925/UE.
Tale norma di interpretazione autentica intende risolvere il problema dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta per quei prodotti che, pur classificati – ai fini doganali – tra i prodotti farmaceutici e medicamenti, non sono commercializzati come tali, bensì come dispositivi medici.
Fermo restando che la classificazione merceologica di un prodotto rientra nella competenza esclusiva dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, questa ha ritenuto che per i prodotti di bellezza o per il trucco preparati e preparazioni per la conservazione o la cura della pelle, diversi dai medicamenti, comprese le preparazioni antisolari e le preparazioni per abbronzare, ecc. sia più pertinente la classificazione di cui alla voce 3304 e così l’aliquota iva al 22%.Francesco Sanna, Avvocato
In conclusione l’Agenzia delle Entrate, in virtù del fatto che le aliquote ridotte, in quanto eccezione all’aliquota ordinaria, per costante giurisprudenza comunitaria, devono essere interpretate restrittivamente e non sono applicabili per analogia, ma solo nelle ipotesi tassativamente previste, ai prodotti in questione non può essere applicata l’aliquota ridotta del 10% di cui al citato n. 114) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, dovendo essere assoggettati all’aliquota ordinaria.
Focus di diritto penale • Avv. Claudia Piroddu
La disciplina penale italiana in materia di prodotti cosmetici
Con il Decreto legislativo n. 204 del 4 dicembre 2015, rubricato “Disciplina sanzionatoria per la violazione del regolamento n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici”, sono state introdotte sanzioni di natura penale ed amministrativa per le violazioni degli obblighi derivanti dalla normativa europea, in materia di fabbricazione, produzione, distribuzione e messa in commercio di prodotti cosmetici.
In particolare, il regolamento europeo ha armonizzato le norme riguardanti la sicurezza, i controlli e la responsabilità della produzione e vendita dei prodotti cosmetici nell’Unione Europea, definendo, nell’art. 2, il prodotto cosmetico come: “qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei”.
Con l’ulteriore precisazione che: “una sostanza o miscela destinata ad essere ingerita, inalata, iniettata o impiantata nel corpo umano non è considerata un prodotto cosmetico”.
Quindi, tenuto conto della formulazione, del sito di applicazione e della funzione del prodotto, è possibile classificare come “prodotto cosmetico” varie tipologie di prodotti, che vanno dalle creme, lozioni, maschere di bellezza, saponi, deodoranti, profumi, tinture per capelli, prodotti per la rasatura, prodotti per il trucco e lo strucco, ai prodotti per l’igiene dei denti e della bocca, per la cura delle unghie, per l’igiene intima esterna, nonché i prodotti solari.
Le fattispecie penali principali
Tanto premesso, giova sottolineare che la dichiarata finalità della normativa italiana è quella di punire le violazioni che comportano la lesione o la messa in pericolo della salute e della sicurezza dei consumatori.
È il Ministero della Salute, unitamente alle ASL territoriali, a dover verificare la corretta applicazione del regolamento.
Le fattispecie previste dal decreto legislativo n. 204 del 4 dicembre 2015 sono piuttosto variegate e disciplinano tanto le violazioni in materia di sperimentazione animale, di fabbricazione, etichettatura e confezionamento non conformi, nonché di impiego di sostanze classificate come cancerogene o tossiche, quanto in materia di inadempimento degli obblighi di informazione sugli effetti indesiderati e cooperazione.
In particolare, l’art. 3 punisce chiunque produce, detiene per il commercio o pone in commercio prodotti cosmetici che, nelle condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, possono essere dannosi per la salute umana, con la pena della reclusione da 1 a 5 anni e con la multa non inferiore a 1.000 euro.
Peraltro, la norma disciplina sia la condotta dolosa appena descritta, che ricorre quando l’evento dannoso o pericoloso che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la Legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione, e sia, al secondo comma, la condotta colposa, che sussiste qualora l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline (art. 43 c.p.).
In tale seconda ipotesi, il citato art. 3 del D. Lvo n. 204/2015, prevede la riduzione della pena da un terzo a un sesto.
Nel successivo art. 10, inoltre, viene disciplinato l’impiego nella fabbricazione di prodotti cosmetici di sostanze vietate a livello europeo, condotta punita in via sussidiaria, ovvero salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da 2 mila a 15 mila euro o, se il fatto è commesso con colpa, con l’arresto da 3 mesi ad 1 anno o con l’ammenda da 1.000 a 10 mila euro.
Costituisce reato -seppure trattasi di contravvenzione- anche l’immissione sul mercato di prodotti cosmetici in violazione della disciplina in materia di sperimentazione animale, disciplinata nell’art. 12 del Decreto in esame e punita con l’arresto da 1 mese ad 1 anno e con l’ammenda da 500 a 5 mila euro.
Il Decreto introduce, altresì, le sanzioni amministrative pecuniarie fino a 25 mila euro in caso di inadempimento degli obblighi di informazione e cooperazione a carico dei soggetti responsabili dell’immissione sul mercato di prodotti non conformi alla disciplina vigente, così come i distributori che violano gli obblighi in materia di verifiche del prodotto, condizioni di stoccaggio, trasporto e collaborazione con le autorità competenti.
Da ultimo, giova segnalare una clausola di esclusione della responsabilità in capo al commerciante.
Invero, nell’art. 17 è previsto che le sanzioni enunciate non si applicano al commerciante che detiene, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti cosmetici in confezioni originali, qualora la mancata rispondenza alle prescrizioni della legge stessa riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che il commerciante non sia a conoscenza della violazione e la confezione non presenti segni di alterazione.
Focus di diritto civile, tutela della persona • Avv. Viola Zuddas
Cosmetici e sperimentazione sugli animali
Per prodotto cosmetico, ai sensi dell’art. 2 del Regolamento CE n.1223/2009 (per leggerlo per intero cliccare il seguente link: eur-lex.europa.eu ) si intende «qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei».
Tali prodotti, come precisato nel focus a cura della Dott.ssa Lucia Palmas, possono essere immessi nel mercato quando siano sicuri per la salute umana se utilizzati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, così come prescritto dall’art. 3 del Regolamento già citato.
Difatti, la sicurezza dei prodotti cosmetici è un requisito essenziale e richiede l’adempimento – da parte del produttore e del fornitore – di una serie di obblighi, tra i quali brevemente si possono ricordare:
- il soddisfacimento delle Buone Pratiche di Fabbricazione (cosiddette “GMP”), ovvero quell’insieme di processi, procedure e documenti che le aziende sono tenute a rispettare e che assicurano che i cosmetici siano prodotti secondo gli standard di qualità previsti dalla normativa vigente,
- la presentazione del cosmetico non deve essere ingannevole,
- l’etichetta deve indicare istruzioni d’uso, avvertenze, modalità di smaltimento del prodotto e qualsiasi altra informazione necessaria al consumatore.
Chiarito ciò, deve mettersi in risalto un aspetto legato al mondo della cosmesi (e, più in generale, a quello medico – sanitario) che è ritenuto molto controverso, ovvero la sperimentazione sugli animali.
A cosa serve la sperimentazione animale?
Molte persone provano comprensibile disagio all’idea che vengano condotti dei test sugli animali nonostante siano ritenuti assolutamente necessari dalla comunità scientifica al fine di garantire maggiore sicurezza e, dunque, tutela alle persone che fanno uso dei prodotti.
Pensiamo, ad esempio, ai farmaci che devono essere somministrati ai malati o alle terapie che devono essere seguite per un certo lasso temporale: alcuni effetti non compaiono nelle cellule isolate che si usano nei primi esperimenti in laboratorio ma soltanto in un organismo completo, dotato di tutti gli organi che possono ricevere e modificare la terapia stessa.
Per tale motivo, risulta necessario eseguire dei test sugli animali con i quali si condivide gran parte del cammino evolutivo e, quindi, delle molecole: così facendo, si potranno ottenere delle indicazioni che, secondo la comunità scientifica, sono indispensabili per verificare non solo l’efficacia di un farmaco o di una terapia ma, in primo luogo, la sicurezza stessa della medesima.
L’importanza della sperimentazione animale, tra l’altro, è testimoniata anche dal fatto che sia imposta obbligatoriamente dalla legge prima che venga effettuata quella clinica nell’uomo, che è possibile solo ed in quanto quella animale abbia dato responso positivo.
Gli animali, però, vengono tutelati?
La sperimentazione animale è, comunque, regolata da una normativa molto severa che mira a tutelare gli animali, minimizzandone lo stress e il dolore, e ne limita l’utilizzo al minimo indispensabile ai fini della ricerca.
Ebbene, in campo medico è necessario ottenere la preventiva autorizzazione da parte del Ministero della Salute che, di fatto, rilascia parere positivo solo dopo aver accertato che, per condurre la ricerca, non sussistano strumenti alternativi alla sperimentazione animale.
L’Italia, poi, ha recepito la Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici che mira ad offrire una disciplina unitaria a livello europeo in materia di sperimentazione animale e che si pone l’obiettivo di tutelare il benessere degli animali che, tra l’altro, è uno dei valori sanciti nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Inoltre, è opportuno sottolineare che il Parlamento italiano ha previsto delle normative più restrittive rispetto a quelle introdotte con la citata Direttiva che, però, non hanno trovato il sostegno della comunità scientifica che ha rilevato come le difficoltà nel condurre la sperimentazione animale si riflettano anche sull’accesso ai fondi ed ai finanziamenti per la ricerca.
Per tale motivo, è stata introdotta una moratoria sulle restrizioni introdotte dall’Italia che, dunque, non sono di fatto entrate in vigore nella loro totalità.
Quali sono i riflessi sull’industria cosmetica?
Il Regolamento CE n. 1223/2009, già citato all’inizio di questo articolo, rappresenta un sistema articolato di disposizioni che garantisce la sicurezza dei prodotti cosmetici presenti sul mercato dell’UE e, quanto alla sperimentazione animale, impone degli specifici standard nella conduzione dei test che incidono anche sull’immissione dei prodotti nel mercato.
Nello specifico, l’art. 18, primo comma – rubricato “Sperimentazione animale” – dopo aver fatto salvi gli obblighi di cui all’art. 3, vieta:
- l’immissione sul mercato dei prodotti cosmetici la cui formulazione finale sia stata oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all’OCSE;
- l’immissione sul mercato dei prodotti cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all’OCSE;
- la realizzazione, all’interno della Comunità, di sperimentazioni animali relative a prodotti cosmetici finiti, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento;
- la realizzazione, all’interno della Comunità, di sperimentazioni animali relative a ingredienti o combinazioni di ingredienti allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, dopo la data in cui dette sperimentazioni vanno sostituite da uno o più metodi alternativi convalidati che figurano nel regolamento (CE) n. 440/2008 della Commissione, del 30 maggio 2008, che istituisce dei metodi di prova ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) o nell’allegato VIII del presente regolamento.
Quindi gli animali sono davvero tutelati?
Quelle che abbiamo poc’anzi analizzato sono soltanto alcune delle disposizioni che regolano la sperimentazione animale in ambito scientifico e cosmetico.
Per poter chiarire se gli animali che vengono impiegati nella sperimentazione siano davvero tutelati e se queste regole siano in concreto utili al fine di minimizzare lo stress ed il dolore cui questi vanno evidentemente incontro, è sicuramente opportuno avere piena contezza di tutto il quadro normativo nel suo complesso.
Ciò che è certo è che la sperimentazione animale sia necessaria per consentire di testare l’efficacia di farmaci, terapie e – in una certa misura – anche prodotti cosmetici; tuttavia, non si può non tenere in considerazione l’evoluzione sociale che ha portato ad una diversa e sempre maggiore sensibilità nei confronti degli animali che svolgono un ruolo fondamentale nella vita di tantissime persone.
Focus di diritto dell’Unione Europea • Avv. Eleonora Pintus
Sostanze vietate dal 1° marzo 2022: obblighi e responsabilità
Come ben evidenziato dalla Dott.ssa Lucia Palmas nel focus dal Titolo “La sicurezza dei prodotti cosmetici”, la commercializzazione dei prodotti cosmetici nel territorio dell’Unione Europea soggiace ad una disciplina particolarmente stringente in materia di sicurezza.
A tal riguardo, meritano di essere trattate le recenti novità legislative introdotte dal Regolamento (UE) 2021/1902 che modifica proprio gli allegati II, III e V del regolamento (CE) n. 1223/2009 .
Infatti, se prima la corsa ai regali si traduceva nelle lunghe code alle casse dei negozi, ora il consumatore può (e preferisce) soddisfare le proprie esigenze comodamente dal divano di casa, ottimizzando tempi e costi.
In particolare, il Regolamento introduce, dal 1° marzo 2022, il divieto di commercializzazione di prodotti cosmetici contenenti la sostanza 2-(4-terz-butilbenzil) propionaldeide, nome INCI Buthylfenil Methylpropional (Lilial), classificata tra le sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione.
Con la modifica dell’allegato II del Regolamento n. 1223/2009 è, dunque, stato ampliato l’elenco delle sostanze vietate nei prodotti cosmetici di tale allegato.
Il Comitato Scientifico per la sicurezza dei Consumatori della Commissione Europea (SCCS), nel suo parere del 14 dicembre 2017, ha, infatti, ritenuto che non si possa escludere la tossicità di tale sostanza, utilizzata principalmente come componente odorosa che ricorda il mughetto, lillà e ciclamino e spesso utilizzata come fragranza nei prodotti cosmetici quali, in particolare: profumi, shampoo antiforfora, saponi, creme o addirittura profumatori e detergenti per l’igiene della casa.
Alla luce di tale novità, i prodotti contenenti tale sostanza dovrebbero essere, di conseguenza, ritirati dal mercato in quanto più commercializzabili.
Appare dunque spontaneo chiedersi come devono comportarsi le Persone Responsabili, ossia il “fabbricante, importatore e distributore” (di cui all’art. 4 del Regolamento n. 1223/2009) di prodotti contenenti BMHCA, all’indomani della modifica del Regolamento succitato.
Cosmesi e sicurezza: obblighi e responsabilità
Le persone responsabili della produzione, importazione o distribuzione di un prodotto sono obbligate a garantire il rispetto del Regolamento e, dunque, anche degli allegati che ne costituiscono parte integrante.
Al riguardo, ai sensi dell’art. 25 del Regolamento n. 1223/2009, allorquando un prodotto presenti nella sua composizione sostanze classificate come pericolose, tali soggetti sono chiamati a adottare tutti i provvedimenti adeguati, incluse le misure correttive volte a rendere conforme il prodotto cosmetico, oppure, addirittura, a ritirarlo dal mercato.
Detta ipotesi potrebbe senz’altro verificarsi, ad esempio, quando il prodotto sia nocivo per la salute umana.
A tali obblighi soggiacciono, altresì, i distributori del prodotto, i quali, secondo quanto disposto dagli artt. 6 e 26 del medesimo Regolamento, qualora un prodotto cosmetico che hanno reso disponibile sul mercato non sia conforme al Regolamento, devono verificare che siano adottate le misure correttive necessarie per rendere conforme tale prodotto, ritirarlo o richiamarlo, se del caso.
Laddove, invece, e nelle ipotesi più gravi, il prodotto cosmetico presenti un rischio per la salute umana, i distributori devono informare immediatamente la persona responsabile e le competenti autorità nazionali degli Stati membri in cui hanno reso disponibile il prodotto e, al contempo, garantiscono che, fintantoché un prodotto è sotto la loro responsabilità, ne curano lo stoccaggio necessario per il loro ritiro.
In tali casi, è bene evidenziare che i prodotti dovranno essere restituiti al fornitore in quanto “Prodotti non vendibili o cedibili” assicurandosi di tracciare l’operazione di restituzione con idonea documentazione da esibire alle autorità sanitarie in caso di controllo.
In conclusione, giova sottolineare che nell’ipotesi in cui i soggetti responsabili non dovessero adempiere gli obblighi prescritti dal Regolamento, troveranno applicazione le sanzioni previste nella normativa speciale di cui al Decreto legislativo del 04/12/2015 – n. 204, per la cui lettura si rimanda all’approfondimento giuridico in materia di diritto penale del presente focus dal titolo “La disciplina penale italiana in materia di prodotti cosmetici” a cura dell’avvocato Claudia Piroddu.