Dopo la sentenza n. 257/21 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Sardegna 13 luglio 2020, n. 21 di cui abbiamo trattato qualche tempo fa (clicca qui per un approfondimento: www.forjus.it), la Corte Costituzionale è tornata ad esprimersi sulla pianificazione urbanistica comunale (in particolare per ciò che concerne il cosiddetto “Piano Casa”) e quella paesaggistica operata dalla Regione Sardegna.
Anche in questo caso, la vicenda prende le mosse dal ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri avente ad oggetto delle previsioni della Regione Sardegna che derogherebbero alla pianificazione urbanistica comunale e a quella paesaggistica e agevolerebbero «la massiccia trasformazione edificatoria del territorio, anche in ambiti di pregio», con il conseguente «grave abbassamento del livello della tutela del paesaggio».
La posizione del Governo
Il ricorso presentato dall’avvocatura Generale dello Stato è piuttosto complesso ed è articolato in molteplici motivi di impugnazione riguardanti diversi articoli della legge della Regione Sardegna 18 gennaio 2021, n. 1, recante “Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16 del 2017”.
Senza voler entrare eccessivamente nel dettaglio, ciò che accomuna e fonda tutti i motivi di impugnazione è il convincimento che la Regione avrebbe esercitato unilateralmente la propria potestà legislativa statutaria nella materia edilizia e urbanistica, sottraendosi all’obbligo di copianificazione con lo Stato.
Sul punto è importante ricordare che il coordinamento tra Stato e Regione è necessario, soprattutto, quando vengano in rilievo interessi generali riconducibili alla competenza esclusiva statale nella materia della conservazione ambientale e paesaggistica.
Come si legge nella premessa del ricorso, inoltre, l’avvocatura Generale dello Stato ricorda che l’art. 3, lettera f) dello Statuto speciale per la Sardegna attribuisce alla Regione la potestà legislativa nella materia edilizia e urbanistica che comprende anche la «pianificazione del paesaggio in senso lato», ma la assoggetta al rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, come quelle dettate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Per ragioni legate alla complessità del ricorso e della sentenza, in questo articolo ci soffermeremo unicamente sulle impugnazioni aventi ad oggetto le disposizioni relative al cosiddetto “Piano Casa”, che riguardano principalmente la proroga del termine per completare le edificazioni e, altresì, la possibilità di incrementi volumetrici al di fuori delle prescrizioni del piano paesaggistico.
Per quanto riguarda il primo aspetto controverso, deve ricordarsi che originariamente il termine per completare le edificazioni in zona agricola «nei casi in cui non sarebbe possibile ottenere il rinnovo del titolo edilizio ormai divenuto inefficace, a causa di una sopravvenuta disciplina pianificatoria incompatibile» era fissato al 31 dicembre 2020, mentre l’impugnata disposizione della Regione Sardegna disporrebbe la proroga del termine alla data del 31 dicembre 2023.
Secondo la difesa statale, dunque, la Regione avrebbe violato le norme fondamentali di riforma economico-sociale di competenza legislativa esclusiva dello Stato soprattutto per quanto riguarda la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull’intero territorio nazionale», salvando dalla decadenza del titolo edilizio nel caso di mancato rispetto dei termini per l’ultimazione delle opere.
Per quanto riguarda il secondo aspetto controverso, ovvero quello legato alla possibilità di incrementi volumetrici, secondo l’avvocatura Generale dello Stato la Regione avrebbe travalicato i limiti della propria competenza, ponendo in essere un’attività non rispettosa del principio di leale collaborazione poiché avrebbe permesso incrementi volumetrici eludendo il piano paesaggistico regionale (il cosiddetto P.P.R.) «e potenzialmente in deroga ad esso», anche per quanto riguarda le strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie», pure in aree vincolate.
La posizione della Regione
La Regione Sardegna, costituitasi in giudizio, ha chiesto di dichiarare improcedibili, inammissibili, irricevibili o comunque non fondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Si sostiene, infatti, che non venga adeguatamente valorizzata la potestà legislativa che compete alla Regione autonoma della Sardegna nella materia dell’edilizia e dell’urbanistica, con riguardo anche a profili di tutela paesistico-ambientale, rispetto alla quale la medesima ha il potere / dovere di redazione ed approvazione dei piani paesaggistici.
Per quanto riguarda il primo aspetto controverso, ovvero la proroga al 2023 del termine per completare le edificazioni, la Regione afferma l’inammissibilità dell’eccezione sul presupposto che non sarebbe stata richiamata puntualmente la normativa oggetto di proroga e ciò non consentirebbe di conoscere il reale fondamento delle censure mosse.
Per quanto riguarda il secondo aspetto controverso, ovvero quello concernente gli incrementi volumetrici, la legislazione statale non vieterebbe di computare i volumi condonati e, pertanto, dalla previsione impugnata dal Governo non deriverebbe alcun ampliamento volumetrico in deroga alla pianificazione paesaggistica, posto che la Regione ben potrebbe intervenire anche sulla disciplina del paesaggio medesimo.
Inoltre, il legislatore regionale consentirebbe unicamente l’ultimazione di edifici legittimamente realizzati nel rispetto degli standard urbanistici vigenti per le zone agricole, mentre sarebbero escluse le aree contraddistinte da pericolosità idraulica o da frana elevata o molto elevata, o gravate da un vincolo di inedificabilità assoluta: pertanto, la Regione non avrebbe travalicato i limiti di sua competenza né, tantomeno, derogato alle prescrizioni del piano paesaggistico regionale che riguarderebbero tutt’altri beni.
La decisione della Corte Costituzionale
Con la sentenza n.24/2022, la Corte Costituzionale ha respinto le eccezioni preliminari sollevate dalla Regione in ordine alla presunta intempestività del ricorso proposto ed ha accolto parte dei motivi di impugnazione proposti nel ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La sentenza si presenta piuttosto lunga ed articolata (cliccando il seguente link è possibile leggerla per intero: www.cortecostituzionale.it) e nel suo dispositivo esamina, in primo luogo, le questioni di legittimità costituzionale che attengono alla normativa edilizia e urbanistica e poi quelle che attengono alla normativa regionale che interferisce in misura prevalente con la tutela paesaggistica.
Per quanto riguarda le prime, nell’esercizio della competenza primaria nella materia edilizia e urbanistica la Regione autonoma Sardegna incontra un doppio limite: quello delle previsioni contenute nel Testo Unico dell’edilizia e quello, ancor più significativo, della tutela ambientale, garantita dalla normativa statale e realizzata attraverso la redazione dei piani paesaggistici.Avv. Viola Zuddas, Civilista
Per questo motivo, le doglianze sollevate dal Governo con l’impugnazione delle disposizioni relative al cosiddetto “Piano Casa” sono fondate.
Infatti, l’art. 15 del T.U. dell’edilizia disciplina l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire: quest’ultimo decade quando i lavori non siano cominciati entro un termine che non può essere superiore a un anno dal rilascio del titolo, o non siano ultimati entro un termine che non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori.
Nel delimitare l’arco temporale di validità dei titoli edilizi, la normativa statale detta standard uniformi e si rivela di cruciale importanza in un ordinato governo del territorio, che non può tollerare difformità tra Regioni con riguardo all’aspetto prioritario della durata e dell’efficacia dei titoli edilizi.
La normativa regionale, infatti, nel prolungare i termini entro i quali è possibile richiedere il permesso di costruire per completare le costruzioni nelle zone agricole, anche quando il titolo sia decaduto e non possa essere rinnovato, deroga in maniera indiscriminata alla decadenza sancita dalla legislazione statale, senza richiedere le tassative condizioni individuate dal T.U. dell’edilizia.
In questa prospettiva, si può cogliere come le disposizioni regionali siano lesive delle prescrizioni statali che si pongono come norme fondamentali di riforma economico-sociale che, in quanto tali, vincolano la potestà legislativa primaria della Regione autonoma Sardegna nella materia dell’edilizia e dell’urbanistica.
Per quanto riguarda le questioni di legittimità costituzionale che attengono alla normativa regionale che interferisce in misura prevalente con la tutela paesaggistica, la Corte Costituzionale afferma che il sistema della pianificazione paesaggistica, che deve essere salvaguardato nella sua impronta unitaria e nella sua forza vincolante, rappresenta attuazione dell’art. 9 Cost. ed è funzionale a una tutela organica e di ampio respiro, che non tollera interventi frammentari e incoerenti.Avv. Viola Zuddas, Civilista
La peculiarità del bene giuridico ambiente, nella cui complessità ricade anche il paesaggio, «riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali o di Province autonome», con l’ulteriore precisazione, però, che qui occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia.
Lo statuto speciale attribuisce alla Regione autonoma Sardegna la potestà legislativa primaria nella materia «edilizia ed urbanistica», nella quale è espressamente ricompresa «la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici» fermo restando, però, il vincolo per la Regione al rispetto del principio di co-pianificazione.
È, dunque, precluso al legislatore regionale derogare alle prescrizioni del piano paesaggistico senza una previa rideterminazione dei suoi contenuti con lo Stato.