Vacanze in Sardegna: quali sanzioni per chi si appropria di sabbia o conchiglie?

Entra nel vivo la stagione turistica e, come ogni anno, le coste della Sardegna si preparano ad accogliere i vacanzieri da tutto il mondo.

Il turismo è, da un lato, una preziosa risorsa per l’economia sarda -tra l’altro sempre più in difficoltà anche a causa delle restrizioni e divieti imposti per contrastare la pandemia da Covid-19- ma, d’altra parte, pone la necessità di garantire la protezione e l’incremento del patrimonio naturale esistente, nonché la conservazione di flora e fauna o, più in generale, dell’ecosistema del posto.

Proprio nell’ottica di tutelare l’ambiente marino e gli arenili da comportamenti scorretti e nocivi, nonché per favorire la sostenibilità ambientale, sia al livello regionale che locale, le amministrazioni hanno imposto una serie di divieti.

A titolo esemplificativo, in molte località sarde è stato introdotto un limite massimo di persone che possono accedere nelle spiagge e, inoltre, nell’Ordinanza balneare 2021 -emanata dall’Assessorato degli Enti Locali della Regione Sardegna- è previsto espressamente che sulle spiagge e negli specchi acquei riservati alla balneazione sia fatto divieto di campeggiare, transitare o sostare con automezzi, motocicli e veicoli di ogni genere, nonché di abbandonare, interrare e scaricare -sia a terra che a mare- ogni tipo di rifiuto o altri materiali, compresi i mozziconi di sigaretta, contenitori e bicchieri in plastica etc.

A tutela dell’incolumità pubblica e del patrimonio naturalistico è, altresì, vietato accendere fuochi e introdurre sostanze infiammabili, spostare, occultare o danneggiare segnali fissi o galleggianti, come cartelli e boe, nonché asportare qualsiasi elemento costituente il tessuto naturale dell’arenile, quale, ad esempio, sabbia, ghiaia e ciottoli.Avv. Claudia Piroddu, Diritto Penale

A tale riguardo, pur a fronte delle numerose campagne di sensibilizzazione delle associazioni ambientaliste, negli ultimi anni si assiste all’incremento esponenziale di episodi di sottrazione di sabbia e conchiglie dalle spiagge sarde e, in particolare, dalla celebre spiaggia dei “chicchi di riso” di Is Arutas nel litorale oristanese, depredata per lo più da turisti, disposti a tutto pur di avere un souvenir delle loro vacanze e incuranti dell’irreparabile danno ambientale conseguente a questo tipo di condotte.

Invero, se sotto il profilo del cd. turismo responsabile e sostenibile è buona regola rispettare sempre l’ambiente e le comunità locali ospitanti, attraverso comportamenti che riducano al minimo l’impatto ambientale e l’inquinamento, la questione di cui si discute deve essere affrontata senza dubbio anche sotto il profilo della compatibilità ambientale.

È noto, infatti, che il millenario processo di formazione della spiaggia è frutto di un delicato equilibrio tra i fenomeni di deposito ed erosione, pertanto, se al processo naturale di erosione si aggiunge quello della massiva e incontrollata sottrazione della sabbia da parte dell’uomo, il rischio evidente è che, nel corso degli anni, l’arenile possa scomparire del tutto, oppure, che le autorità locali, proprio al fine di prevenire ciò, pongano il divieto assoluto di visitarle.

Cosa prevede la Legge italiana?


La legislazione italiana a tutela del litorali

Il riferimento normativo a livello nazionale è costituito dall’art. 1162 del codice della navigazione, il quale prevede che “chiunque estrae arena, alghe, ghiaia o altri materiali nell’ambito del demanio marittimo o del mare territoriale ovvero delle zone portuali della navigazione interna, senza la concessione prescritta nell’articolo 51, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.549,00 a euro 9.296,00“.

Pare opportuno ricordare brevemente che la norma poc’anzi richiamata, modificata dal D. Lvo. n. 507 del 1999, in origine qualificasse la fattispecie in parola come contravvenzione e, quindi, come reato, sanzionato con la pena dell’arresto fino a due mesi ovvero con l’ammenda.

Nella sua formulazione attuale, invece, l’illecito non è più di natura penale, ma amministrativa ed è sanzionato più severamente, mediante il pagamento di una somma di denaro particolarmente ingente.

All’evidenza, la dichiarata finalità della norma è quella di impedire l’abusiva asportazione dei beni del demanio marittimo e, al contempo, prevenire la devastazione dei litorali e dell’ecosistema.

Dunque, l’arena –ossia la sabbia-, la ghiaia, le alghe, l’acqua di mare, le conchiglie e ogni altro materiale appartengono al cd. “demanio marittimo”, costituito, secondo quanto previsto nell’art. 28 del codice della navigazione, da: a) il lido, la spiaggia, i porti e le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salmastra che comunicano liberamente col mare; c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.

Occorre, altresì, precisare che il demanio marittimo rientri nella più ampia definizione civilistica di cui all’art. 822 c.c., di “demanio pubblico” e che, pertanto, si tratta di beni che appartengono allo Stato.

Accanto alla citata legislazione nazionale, proprio l’incremento di tali condotte ha costretto le regioni e gli enti locali a correre ai ripari e a dotarsi di normative apposite e più stringenti, nonché a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di controllo sul territorio.

Con specifico riferimento alla Sardegna, l’art. 40 della Legge regionale n. 16 del 2017 prevede espressamente che “salvo che il fatto non costituisca più grave illecito, chiunque asporta, detiene, vende anche piccole quantità di sabbia, ciottoli, sassi o conchiglie provenienti dal litorale o dal mare in assenza di regolare autorizzazione o concessione rilasciata dalle autorità competenti è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 500 a euro 3.000,00“. Avv. Claudia Piroddu, Diritto Penale

La predetta disposizione, quindi, non si limita a sanzionare soltanto la condotta di sottrazione di beni naturalistici dalle coste sarde, ma anche la vendita degli stessi.

A ben vedere, infatti, la “refurtiva” sottratta abusivamente dalle spiagge non costituisce affatto un mero “ricordo” per l’avventato turista, giacché nella maggior parte dei casi detti beni vengono in realtà venduti online a caro prezzo, così incrementando un vero e proprio commercio illegale.

In ultima analisi, giova sottolineare che nel caso in cui la sottrazione abbia ad oggetto una quantità considerevole di sabbia o di beni comunque appartenenti al demanio marittimo, la condotta risulta piuttosto ascrivibile nell’ambito del reato di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625, n. 7, c.p.

Secondo la giurisprudenza più recente (si veda, Cass. pen., sez. IV, n. 11158 del 2019), infatti, la sottrazione o asportazione di sabbia o ghiaia del lido del mare o dal letto dei fiumi comporta la configurabilità sia della circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede che della destinazione della cosa a pubblica utilità, poiché il prelievo del materiale cagiona un danno idrogeologico all’arenile e lede la pubblica utilità dei fiumi o la fruibilità dei lidi marini.

In definitiva, la tematica della tutela dell’ambiente assume sempre maggiore centralità e, pertanto, la protezione del mare e dei litorali deve essere attuata sia attraverso strumenti di prevenzione e sensibilizzazione e sia mediante la predisposizione di un efficace sistema di controllo e repressione delle condotte vietate, affinché l’habitat naturale risulti liberamente fruibile anche dalle generazioni future.

Claudia Piroddu, Avvocato

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