L’amore ai tempi del Covid
È ormai trascorso oltre un anno dall’inizio della pandemia da COVID-19 che ha modificato profondamente le abitudini di vita delle persone. La grande incertezza sul futuro ha ingenerato condizioni di forte stress sfociando spesso in stati emotivi difficili da gestire: allerta, preoccupazione, sgomento, sino ad arrivare a manifestazioni disfunzionali quali ansia, panico e addirittura sintomi post-traumatici.
La quarantena, necessaria per fronteggiare l’emergenza, ha sconvolto e continua a sconvolgere gli equilibri famigliari. Dai dati emerge chiaramente come la coppia sia una delle categorie maggiormente colpite. Secondo l’Associazione Nazionale Divorzisti Italiani, l’aumento nel numero di separazioni tra il 2019 ed il 2020 è stato pari al 60%.
Tra i principali motivi di tensione annoveriamo la permanenza forzata tra le mura domestiche, causa smart working o perdita del lavoro, il maggiore coinvolgimento nelle attività scolastiche dei figli nonché la nuova organizzazione dei tempi e degli spazi, o ancor peggio l’impossibilità di ricavarne di propri.
All’estremo opposto ci sono le situazioni di distanziamento forzato.
Le cause sono molteplici: professioni, come quelle sanitarie, che espongono al rischio di contagio ed obbligano all’isolamento domiciliare permanente o altre che costringono al lavoro in sedi distanti da casa e risentono dalle attuali limitazioni, di natura pratica e legale, agli spostamenti a lungo raggio.
Ma l’isolamento forzato e prolungato, tanto quanto la distanza, sono solo fattori di malessere esterni alla coppia.
Essi possono fungere da amplificatore di un disagio preesistente senza essere la reale causa di un’eventuale crisi.
Disagi e conflitti di varia natura sono infatti parte integrante di ogni relazione senza necessariamente minacciarne la stabilità.
Si parla di crisi solo quando il disagio è duraturo ed accompagnato da un sentimento di impotenza, conseguenza di innumerevoli tentativi di appianamento andati a vuoto.
Per comprendere le dinamiche interne ad un rapporto sentimentale dobbiamo necessariamente far riferimento alla teoria dell’attaccamento. Esiste infatti un filo diretto tra la qualità del legame instaurato con le figure significative dell’infanzia (caregivers) ed i legami instaurati in età adulta. Questo perché il bambino in base alle esperienze vissute costruisce degli schemi mentali chiamati MOI (Modelli Operativi Interni) che si porterà dietro, per dirlo con le parole di Bowlby, dalla culla alla tomba. Dott.ssa Stefania Persico, psicologa e psicoterapeuta
I MOI vengono costantemente impiegati dall’individuo come chiave di lettura nella rappresentazione di sé, nelle interazioni con gli altri e nell’interpretazione del mondo. Sono un patrimonio di memorie relazionali implicite che rimangono attive per tutta la vita e che ci portano a ricercare, anche nella scelta del partner, le esperienze che conosciamo. Ciò non significa che il nostro destino sia già scritto. Esperienze emozionali e relazionali correttive, ripetendosi nel tempo, possono sovrascriversi totalmente o parzialmente ai modelli precedentemente appresi e modificarli.
Quando due persone entrano in relazione portano all’interno della coppia i propri MOI ed il proprio stile di attaccamento (sicuro, insicuro-evitante, insicuro-ambivalente, disorganizzato). Senza entrare nei dettagli di queste complesse ed ampiamente studiate categorie, è facilmente intuibile come legami sicuri possano generalmente offrire superiori livelli di benessere psicologico rispetto a legami insicuri. Questi ultimi generano spesso malessere e disagio per la minore disponibilità di strategie di coping (l’affrontare/il fronteggiare le difficoltà) da impiegare nei momenti di crisi.
Ad esempio, se un individuo con uno stile di attaccamento insicuro-ambivalente si considera immeritevole di amore difficilmente riuscirà a fidarsi del partner: vivrà, pertanto, il rapporto con la costante paura di essere abbandonato mettendo in atto meccanismi di controllo, continua ricerca di rassicurazione e manifestando livelli incontrollabili di gelosia.
Adulti con uno stile disorganizzato, estremamente disfunzionale, vivranno invece un rapporto caratterizzato da forte instabilità, accesi conflitti sino ad arrivare a comportamenti di sopraffazione e violenza.
In estrema sintesi, la coppia entra in crisi nel momento in cui non riesce più a rinegoziare il legame attraverso discussioni e litigi costruttivi, smette di essere cooperativa e sente di non disporre più delle risorse necessarie al raggiungimento di un compromesso che garantisca una relazione sentimentale gratificante. Dott.ssa Stefania Persico, psicologa e psicoterapeuta
Come già accennato, la pandemia da COVID-19 ha solo esacerbato conflitti esistenti, rompendo equilibri già fragili. Con molta probabilità, la maggior parte delle crisi ad essa attribuite erano già in corso in fase pre-pandemica. Banalmente però, quando si è concentrati su molteplici attività come lavorare, fare la spesa, portare i figli a scuola, andare in palestra, uscire con gli amici, vedere i parenti non si ha il tempo per soffermarsi sulle difficoltà relazionali.
Solo nel momento in cui parte di questi fattori di distrazione sono improvvisamente venuti meno non è stato più possibile per molte coppie continuare a negare l’evidenza.
In ambito psicologico, la crisi non ha necessariamente un’accezione negativa. Al contrario, viene considerata un’opportunità di cambiamento, di crescita, di ridefinizione della propria identità e della propria autostima.
Per evitare di cadere preda del dolore e dell’angoscia è però indispensabile riorientarsi.
La terapia individuale o di coppia rappresenta un notevole aiuto in tal senso.
Consente infatti di analizzare la situazione da un punto di vista differente, quello di uno specialista con l’esperienza e gli strumenti necessari per farlo con distacco ed obiettività.
La terapia aiuta ad operare scelte più consapevoli nella direzione del cambiamento costruttivo e di un’evoluzione personale e del rapporto. Aiuta anche, quando altre strade non sembrano più percorribili, a maturare una scelta di separazione ed affrontare in maniera meno dolorosa e distruttiva la riorganizzazione del sistema che la dissoluzione di un rapporto inevitabilmente comporta.
Stefania Persico, Psicologa e psicoterapeuta
Mi sono laureata con il massimo dei voti in Psicologia con indirizzo Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Sociali presso l’Università degli Studi di Cagliari.
Ho conseguito la specializzazione quadriennale in psicoterapia della Gestalt ed in seguito mi sono formata come Terapeuta EMDR. Esercito la libera professione e l’attività di perito presso il mio studio di Cagliari in via Alghero 29.
Focus di diritto civile, diritto di famiglia • Avv. Francesco Sanna
Conflittualità tra i coniugi e affidamento dei figli
Dal focus della dott.ssa Stefania Persico abbiamo appreso che la convivenza forzata o il distanziamento obbligatorio, imposti entrambi da ragioni sanitarie, ha causato l’aumento della conflittualità all’interno della coppia e, spesso, ha portato alla dolorosa decisione di separarsi.
La separazione giudiziale, come vedremo meglio nell’approfondimento a cura della collega Viola Zuddas, viene pronunciata dal Tribunale competente su istanza di uno o entrambi i coniugi a seguito di fatti che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o che recano grave pregiudizio all’educazione della prole.
A quest’ultimo proposito, è importante ricordare che il Tribunale, nel disporre l’affidamento dei figli, deve tenere in considerazione il loro preminente interesse, specie quando questi siano minori di età: così il collocamento della prole presso uno o entrambi i genitori deve garantire uno sviluppo per quanto più possibile sereno e deve consentire al minore di mantenere i rapporti con entrambi i genitori in maniera equilibrata.
Allo stesso tempo, ciascun genitore ha il diritto ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel rispetto delle complessive esigenze di vita di quest’ultimo e dell’altro genitore.
Si parla, in proposito, del principio della cosiddetta “bigenitorialità”, che trova esplicazione soprattutto (ma non solo) attraverso l’affidamento condiviso del minore.
Tuttavia, quando dall’affidamento condiviso possano derivare dei pregiudizi in danno del minore, questi può essere affidato in via esclusiva ad un solo genitore, cioè a colui che – rispetto all’altro – abbia una capacità educativa migliore e gli consenta, in sostanza, di vivere in un ambiente sereno ed equilibrato.Francesco Sanna, Avvocato
Alla medesima conclusione, invero, si può giungere quando tra i coniugi vi sia un elevato livello di conflittualità e, in particolare, quando questo sia nocivo per lo sviluppo psico – fisico del figlio.
La Corte di Cassazione, infatti, ha più volte chiarito che sia corretto negare l’affido condiviso a quei genitori che si sono rivelati incapaci di elaborare il fallimento del proprio progetto familiare e, pertanto, sono in costante conflitto reciproco, pure in presenza del figlio.
In sostanza, dunque, la mera conflittualità tra genitori separati non è di per sé ostativa all’affidamento condiviso dei figli, purché si mantenga entro i limiti di un tollerabile disagio per la prole e non si sostanzi in un’ingerenza che, di fatto, possa danneggiare l’equilibrio e lo sviluppo dei figli.
Focus di diritto penale • Avv. Claudia Piroddu
Il reato di maltrattamenti in famiglia: presupposti e “violenza assistita”
Il tema dei maltrattamenti in famiglia, specie negli ultimi anni e, in particolare, durante il periodo delle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, ha assunto sempre maggiore rilievo, anche a fronte dell’aumento considerevole delle richieste di assistenza da parte delle vittime di violenza domestica e di genere.
Con l’espressione “violenza domestica” si intendono tutti gli “atti gravi, ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare, o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.”
La nozione in parola, desumibile dalla cd. legge sul femminicidio, ricomprende, quindi, non soltanto le condotte di aggressione fisica e sessuale, ma anche, più in generale, tutti gli atti di violenza psicologica, volti a sopraffare ed isolare la vittima, impedendo alla stessa di chiedere aiuto.
Un intervento normativo significativo è stato poi introdotto dal cd. Codice Rosso (L. 19 luglio 2019 n. 69), che prevede alcune importanti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale che garantiscono una maggiore tutela della vittima, mediante l’adozione di provvedimenti protettivi e l’instaurazione più veloce del procedimento penale.
Accanto all’inasprimento della pena per alcuni reati già sanzionati, sono state introdotte nuove ipotesi di reato, come ad esempio, il delitto di cui all’art. 387 bis c.p. che punisce chiunque violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa o l’ordine di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.
La riforma ha introdotto, altresì, il reato di costrizione o induzione al matrimonio, disciplinato nell’art. 558 bis c.p., nonché la fattispecie di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cd. revenge porn.
Giova precisare che la norma è intervenuta anche sul delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, disciplinato nell’art. 572 c.p., prevedendo la sostituzione della pena della reclusione da 2 a 6 anni, con quella più grave della reclusione da 3 a 7 anni. Claudia Piroddu, Avvocato
Il reato di maltrattamenti si realizza in presenza di una pluralità di atti vessatori, di natura commissiva od omissiva, ripetuti nel tempo, che possono concretizzarsi in atti di violenza come lesioni, percosse, ingiurie, minacce e privazioni, tali da ledere l’integrità psico-fisica, la libertà e più in generale la personalità della vittima.
Secondo la giurisprudenza recente, ai fini della configurabilità del reato è necessario, da un lato, che le predette condotte siano perpetrate nell’ambito dei rapporti familiari, quindi nei confronti del coniuge, dei figli, del convivente di fatto o comunque tra soggetti legati da una relazione affettiva o sentimentale stabile, ancorché non necessariamente conviventi.
Peraltro, si è ritenuto che anche il sistematico utilizzo della violenza, fisica o psicologica, nei confronti dei figli per finalità “educative”, tale da determinare un clima abituale di afflizione e patimento, è idoneo a configurare il reato di maltrattamenti, anziché la diversa fattispecie di abuso dei mezzi di correzione.
Dall’altro lato, deve trattarsi di comportamenti abituali, quindi non di episodi occasionali e sporadici –che, ove ne ricorrano i presupposti, possono comunque configurare reato, come nel caso delle lesioni o percosse- realizzati in momenti successivi, ma in ogni caso in un arco temporale definito e apprezzabile.
Pertanto, l’abitualità richiesta per la commissione del reato si sostanzia nella reiterazione di condotte vessatorie, ancorché intervallate da periodi di “pausa” tra un episodio e gli altri, dalle quali emerga, però, la coscienza e volontà di svilire e sopraffare la vittima in maniera persistente.
Deve aggiungersi che il reato di maltrattamenti è configurabile non solo nei confronti del coniuge o del convivente, ma anche in danno dei figli minori, quali destinatari diretti dei comportamenti vessatori, ma altresì nell’ipotesi della cd. violenza assistita, che sussiste quando le predette condotte li coinvolgano in via indiretta, come involontari e abituali spettatori delle liti tra i genitori (Cass. pen., sez. VI, 23 febbraio 2018, n. 18833). Claudia Piroddu, Avvocato
Peraltro, laddove il delitto non venga contestato espressamente come rivolto ai figli minori, ma soltanto nei confronti della madre, le condotte risulteranno aggravate ai sensi del nuovo art. 61, co. 1, n. 11-quinquies, c.p., se commesse alla presenza dei figli minori della coppia, purché gli stessi abbiano percezione della gravità delle violenze subite.
Occorre segnalare, infine, che la violenza assistita che integra l’aggravante poc’anzi menzionata, per la giurisprudenza più recente, è idonea a determinare anche l’applicazione della pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale in capo all’autore del reato, ai sensi dell’art. 34, co. 2, c.p., sul presupposto che si tratta di condotte destinate ad avere inevitabili conseguenze sulla crescita e sullo sviluppo psico-fisico del minore (Cass. pen., sez. V, 3 dicembre 2020, n. 34504).
Focus di diritto civile, diritto di famiglia • Avv. Viola Zuddas
Il tradimento e l’addebito della separazione
Come già anticipato dalla Dott.ssa Stefania Persico nel suo focus, la pandemia da COVID-19 ha modificato profondamente le abitudini di vita delle persone e la quarantena, indispensabile per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ha sconvolto gli equilibri familiari.
Infatti, le crescenti tensioni dovute alla permanenza forzata tra le mura domestiche o al distanziamento imposto per ragioni di salute hanno inciso sui rapporti affettivi talvolta in maniera drastica, tant’è che relativamente a questo periodo si può parlare di emergenza familiare oltre che di emergenza sanitaria.
Dalle rilevazioni statistiche si rileva che vi è stato un aumento pari al 60% delle separazioni rispetto all’anno 2019 e che queste sono dovute per il 40% da infedeltà coniugale – anche “virtuale” –, il 30% da violenza domestica e, infine, il restante 30% da altre cause.Viola Zuddas, Avvocato
La convivenza imposta o il distanziamento forzato, quindi, hanno acuito i conflitti esistenti all’interno del nucleo familiare, portando ad una rottura inevitabile di equilibri fragili, magari già in precedenza compromessi.
In questo contesto caratterizzato da precarietà degli affetti, qualche coppia è ricorsa al rimedio della separazione personale.
Come sappiamo, la separazione consiste in un particolare stato giuridico dei rapporti durante il quale non si scioglie il vincolo coniugale ma si sospendono alcuni diritti e doveri reciproci, come quello di coabitazione e di fedeltà.
Al contrario, permangono i diritti e doveri di assistenza e di reciproco rispetto, cui i coniugi sono sempre tenuti seppur in misura attenuata rispetto alla costanza di matrimonio.
Ma cosa accade quando si sorprende l’altro coniuge che tradisce?
Abbiamo visto che il 40% delle separazioni registrate durante la pandemia è dovuto da infedeltà coniugale, anche “virtuale” poiché consumata dietro uno schermo a causa della quarantena forzata che ha impedito alle persone di spostarsi liberamente.
In tali ipotesi, il coniuge tradito potrebbe domandare la separazione con addebito e cioè potrebbe chiedere che la separazione venga addebitata all’altro in considerazione del comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Difatti, l’art. 151, comma secondo c.c. prevede espressamente tale possibilità purché il tradimento abbia contribuito a rendere intollerabile la convivenza oppure abbia recato grave pregiudizio all’educazione della prole.
A tal fine, quindi, è necessario che l’infedeltà sia la causa della crisi del rapporto e che, dunque, renda effettivamente intollerabile la prosecuzione della convivenza: per altro verso, il Giudice non potrà pronunciare l’addebito della separazione quando dalla valutazione complessiva del rapporto sia emersa la preesistenza di una crisi in atto e di un ménage familiare già irrimediabilmente compromesso.Viola Zuddas, Avvocato
Nello specifico, quindi, il Giudice è chiamato a compiere un’attenta valutazione del comportamento tenuto dal coniuge infedele e del contesto in cui il tradimento si è consumato.
Inoltre, nell’esaminare questi aspetti dovrà tenere conto, altresì, della pubblicità che il tradimento ha avuto e del discredito sociale causato nei confronti dell’altro coniuge: questo fattore è particolarmente importante tant’è che vi sono state delle pronunce in cui il Giudice ha disposto l’addebito della separazione ancorché il tradimento fosse solo “apparente” (e non vero), perché si erano verificate delle circostanze che, se osservate dall’esterno, facevano comunque presumere la sussistenza di una relazione extraconiugale.
Focus di diritto dell’Unione Europea • Avv. Eleonora Pintus
Litigi tra genitori – figli e disaccordo al vaccino. L’intervento dell’Unione Europea sui diritti dei minori.
È noto che le restrizioni derivanti dall’emergenza da Covid-19 hanno messo a dura prova il nostro stile di vita e la nostra quotidianità.
In particolare, l’emergenza sanitaria ci ha costretti a vivere a stretto contatto con gli altri membri della famiglia – sia esso il partner, i propri genitori o i figli – così determinando una situazione di convivenza “forzata”.
Immediata conseguenza di detta condizione è stato l’aumento delle liti familiari.
Ebbene, come evidenziato da numerose associazioni forensi nazionali, soprattutto di recente, si è registrato un notevole aumento degli scontri tra genitori e figli, spesso in disaccordo sul tema della “vaccinazione”.
Al riguardo, come anche riportato dalla cronaca nazionale, capita che i figli minori che intendono sottoporsi al vaccino anti-covid vengano ostacolati proprio dagli stessi genitori.
Detta circostanza porta, inevitabilmente, ad ampliare lo sguardo e ad affrontare altri ed ulteriori temi, che vanno dalla tutela della collettività fino alla tutela dei diritti del minore.
In particolare, proprio per quanto attiene quest’ultima tematica, appare interessante esaminare la strategia dell’Unione Europea per la promozione e tutela dei diritti del minore in ambito sanitario, nel quadro delle politiche e delle norme europee.
Sul punto, merita rilievo la recentissima comunicazione del 24 marzo 2021, trasmessa dalla Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, al Comitato economico sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, finalizzata ad elaborare congiuntamente una strategia europea che promuova e sostenga il diritto dei minori a partecipare alle decisioni che li riguardano.
L’obiettivo, di fatto, è quello di “normalizzare” la partecipazione dei minori nei processi decisionali che afferiscono campi di diretto interesse ed al fine di creare, insieme a questi, quali diretti interessati, una società più resiliente, giusta e paritaria, come anche sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE.
Per quanto attiene al tema della “vaccinazione”, nella predetta comunicazione la Commissione sottolinea che la vaccinazione è lo strumento principale per prevenire malattie gravi, contagiose e talvolta mortali, ed è un “elemento fondamentale della cura dei minori”. Eleonora Pintus, Avvocato
Pertanto, proprio al fine di superare sentimenti di diffidenza e timore, la Commissione Europea ha individuato talune azioni chiave quali, tra le tante, intensificare l’attuazione della raccomandazione del Consiglio relativa al rafforzamento della cooperazione nella lotta contro le malattie prevenibili da vaccino e fornire informazioni e scambio di migliori pratiche per affrontare la salute dei minori.
A tal fine, la stessa Commissione Europea invita gli Stati membri all’elaborazione ed attuazione di politiche tese ad individuare i minori come gruppo destinatario prioritario nelle loro strategie nazionali in materia di salute, creare reti che coinvolgano scuole, giovani e altri portatori di interessi e realizzare strategie atte a contrastare la disinformazione, aumentare e migliorare la fiducia nei vaccini e garantire, altresì, un accesso equo ai vaccini per tutti.