Uno studio recentissimo dell’ISS svolto in collaborazione con l’Istituto Farmacologico Mario Negri, presentato il 31 maggio scorso in occasione della giornata mondiale senza tabacco, ha messo in evidenza come la pandemia abbia cambiato le abitudini degli italiani anche rispetto al fumo.
Infatti, se nei primi mesi del 2020 vi è stata una considerevole riduzione del consumo di tabacco, nei primi mesi del 2021 è stato registrato un aumento di 1,2 milioni di fumatori.
Un ruolo importante nell’aumento dei fumatori è stato svolto dalle sigarette elettroniche, sia quelle a tabacco riscaldato che le cosiddette e-cig: infatti, il loro utilizzo favorisce, da una parte, l’iniziazione al fumo e, dall’altra, contribuisce alla ricaduta nel consumo di sigarette tradizionali, ostacolandone in concreto la cessazione. Avv. Viola Zuddas, Civilista
Si pensi, poi, che secondo i dati forniti dall’Oms sono più di 8 milioni le persone che muoiono ogni anno a causa delle gravi e numerose patologie correlate al consumo di tabacco, come malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e diabete.
A ciò si aggiunga che si è ormai consolidata anche l’evidenza scientifica secondo cui i fumatori hanno maggiori probabilità di sviluppare una forma grave di Covid-19 rispetto ai non fumatori.
Ebbene, in un contesto simile su chi ricade la responsabilità per i danni che una persona riporta per il consumo di sigarette?
Per rispondere a questa domanda bisogna da subito precisare che, negli ultimi decenni, è cresciuta la consapevolezza delle persone rispetto alla dannosità del tabagismo.
Infatti, è pur vero che qualche decennio fa le persone iniziavano a fumare sigarette sin da giovani, in quanto era un’abitudine piuttosto diffusa per ragioni culturali, sociali o di costume; tuttavia, adesso sono ben note le conseguenze che il fumo ha sull’organismo grazie anche a campagne di informazione promosse dallo Stato e da diversi enti ed associazioni.
Pensiamo, ad esempio, agli “avvertimenti” che nei primi anni 2000 sono comparsi sui pacchetti di sigarette e che contengono messaggi che descrivono i danni alla salute provocati dal fumo, accompagnati, in alcuni casi, da foto che rappresentano le conseguenze nocive sul nostro organismo.Avv. Viola Zuddas, Civilista
La dannosità del fumo, quindi, costituisce ormai da molto tempo dato di comune esperienza: il fumare, dunque, è un atto di volizione libero ed autonomo da parte di una persona che, pur consapevole della sua dannosità, sceglie comunque di fumare e, di conseguenza, di esporsi volontariamente ad un rischio per la salute.
A nulla rileva che le sigarette contengano delle sostanze tali da ingenerare uno stato di bisogno con dipendenza psichica e fisica che indurrebbero le persone a continuare a fumare.
Sul punto, la Corte di Cassazione è infatti costante nell’affermare che debba escludersi la sussistenza del nesso causale tra la condotta dei produttori / distributori di sigarette ed il danno derivato al soggetto in conseguenza del fumo, in quanto il prodotto finale dell’attività produttiva (ossia la sigaretta) non ha in sé una capacità di provocare situazioni dannose: invero, può diventare dannoso, e quindi pericoloso, l’abuso di sigarette specie se reiterato nel tempo.
Pertanto, è allo stesso fumatore che viene imputata la responsabilità per i danni alla propria salute, soprattutto quando abbia consumato sigarette in modo smodato, nonostante gli avvertimenti apposti sui pacchetti.