Chi si appropria di uno smartphone dimenticato commette il reato di furto

Con una recentissima sentenza, la n. 6353 del 18 febbraio 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che prendere un telefono dimenticato dal legittimo proprietario sul bancone del bar costituisce una condotta penalmente rilevante, punibile ai sensi dell’art. 624 c.p., con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 154 a 516 euro.

All’evidenza, il solo fatto che un oggetto fuoriesca momentaneamente dalla disponibilità materiale del titolare, non fa venire meno il diritto di proprietà di quest’ultimo, anche perché, in tale specifica ipotesi e salva la prova contraria, non sussisterebbe alcuna volontà del proprietario di disfarsi in via definitiva del bene.

Infatti, prosegue la Corte, se si conserva memoria del luogo in cui il bene è stato lasciato, è chiaro che il legittimo proprietario potrebbe riacquistarne la materiale disponibilità, qualora altro soggetto non ponga in essere l’attività di sottrazione della cosa rinvenuta.

Tanto ciò è vero che, nel caso trattato dalla sentenza in esame, la proprietaria si era allontanata dall’esercizio commerciale e, resasi conto di aver dimenticato lo smartphone, vi aveva fatto ritorno dopo pochi minuti, proprio per chiedere informazioni sull’apparecchio al gestore del locale.

Quanto al dolo, è emerso, altresì, che l’imputato avesse visto chiaramente la ragazza lasciare il locale senza portare con sé il cellulare e che si fosse impossessato dello stesso appena pochi minuti dopo, con la logica conseguenza che il periodo di tempo trascorso fosse troppo breve per escludere che il telefono fosse stato solo dimenticato e non definitivamente perso.

E se, invece, si tratta di un oggetto “smarrito”?

La Suprema Corte ha ulteriormente chiarito che vi è una differenza sostanziale tra le ipotesi di cosa “dimenticata” e cosa “smarrita”.

Se, da un lato, si è già precisato che l’oggetto dimenticato continua a mantenere una connessione con il proprietario che, infatti, ne ha perso solo temporaneamente il contatto fisico, ma ben potrebbe riacquistarne la disponibilità in assenza della condotta di furto, dall’altro lato, deve considerarsi smarrita la cosa che, invece, è definitivamente uscita dalla detenzione del possessore.

Per chiarire meglio, può essere utile fare alcuni esempi pratici.

Se l’oggetto, come abbiamo visto, viene rinvenuto sul bancone di un bar, sul tavolo del ristorante, in biblioteca o su una panchina al parco, per la Legge si considera come un oggetto semplicemente dimenticato dal proprietario, che ben potrebbe tornare sui suoi passi e recuperarlo.

Invece, se il bene viene rinvenuto per strada o in un sentiero di campagna, ossia in un luogo imprecisato in cui non può essere rinvenuto dal proprietario, per il semplice fatto che quest’ultimo non saprebbe dove ritrovarlo, viene considerato come un oggetto smarrito.

Le possibili conseguenze

È bene chiarire che colui che si appropria di un bene, sia esso dimenticato o semplicemente smarrito, può andare incontro a diverse conseguenze, sia di natura penale che di natura civile.
Nel caso di appropriazione di un bene dimenticato, infatti, potrebbe configurarsi il delitto di furto, mentre qualora si tratti di un oggetto smarrito potrebbe realizzarsi la fattispecie di appropriazione di cosa smarrita, originariamente prevista come contravvenzione nell’art. 647 c.p., e ad oggi depenalizzata dall’art. 4 del D. Lgs. n. 7 del 2016, che prevede a carico del trasgressore la sanzione pecuniaria civile da 100 fino ad 8 mila euro.

Per la verità, solo nel caso in cui il bene oggetto di impossessamento sia stato smarrito, e, quindi, il proprietario non sappia il luogo ove egli lo ha lasciato,  potrebbe sussistere la fattispecie di appropriazione di cose smarrite e non di furto, in quanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, il codice IMEI stampato nel vano batteria identifica la cosa, ma non la proprietà del bene.

Appropriarsi di uno smartphone dimenticato poco tempo prima sul bancone del bar configura il reato di furto e non la fattispecie di appropriazione di cosa smarrita, poiché il proprietario conserva la memoria del luogo in cui il bene è stato lasciato e, pertanto, ben potrebbe riacquistarne la disponibilità. Avv. Claudia Piroddu, Diritto Penale

Tuttavia, occorre precisare che, nell’ipotesi in cui il proprietario abbia denunciato il furto della res, potrebbe configurarsi il più grave reato di ricettazione, previsto nell’art. 648 c.p., che ricorre quando un soggetto viene trovato in possesso di un bene proveniente da delitto, purché commesso da altri.

Il reato di ricettazione è punito severamente, con la reclusione da due ad otto anni e la multa da 516 a 10.329 euro, sempre che non si tratti di un fatto di particolare tenuità.

Per la sussistenza del reato, la giurisprudenza è pressoché unanime nel ritenere sufficiente, sotto il profilo psicologico, che il soggetto non sia in grado di giustificare la provenienza lecita del bene di cui viene trovato in possesso, purché le modalità del ritrovamento siano tali da ingenerare in qualsiasi persona di media avvedutezza e, secondo la comune esperienza, la certezza che possa trattarsi di un bene sottratto da altri al legittimo proprietario o quanto meno che il possessore ne abbia consapevolmente accettato il rischio.

Claudia Piroddu, Avvocato

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